La sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019 e il monito al legislatore
Sono trascorsi diversi anni da quando la Corte costituzionale con la sentenza Corte cost. 22 novembre 2019, n. 242 si è espressa sul "fine vita" e ha dichiarato l’incostituzionalità parziale dell’art. 580 c.p., specificando le condizioni in presenza delle quali non è punibile chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formato, di soggetti affetti da patologie irreversibili, fonti di sofferenze fisiche e psichiche intollerabili.
Nell’assumere tale decisione, al fine di assicurare il rispetto delle competenze spettanti a ciascun organo costituzionale, in conclusione di motivazione la Corte ribadì “con vigore l’auspicio che la materia” formasse oggetto “di sollecita e compiuta disciplina da parte del legislatore, conformemente ai principi […] enunciati”.
Negli anni successivi il mancato seguito che ebbe il monito rivolto al legislatore, nonché da ultimo l’esser stata sollevata una nuova questione di legittimità costituzionale sul “fine vita”, hanno portato lo scorso 18 marzo lo stesso Presidente della Corte costituzionale Augusto Barbera, a rinnovare, nella consueta relazione annuale, l’auspicio di un “intervento del legislatore che dia seguito alla sentenza n. 242 del 2019 (il cosiddetto caso Cappato), sul fine vita”.
L’inerzia del Parlamento e l’iniziativa legislativa regionale riguardo il suicidio assistito
Allo stato attuale nessun progetto di legge è stato approvato dalle due Camere del Parlamento, anche se nella scorsa legislatura vi fu un tentativo di dare un seguito legislativo alla pronuncia della Corte costituzionale attraverso l’approvazione da parte della Camera dei Deputati di una proposta di legge (A.S. n. 2553) il cui iter legislativo si è interrotto dopo la trasmissione al Senato, dove tuttora rimane in attesa di esame.
Con la nuova legislatura la precedente fase di quiescenza ha lasciato il posto a una maggiore attività parlamentare: ad oggi cinque proposte di legge sono al vaglio delle commissioni permanenti 2ª (Giustizia) e 10ª (Sanità) del Senato.
La ragione di un simile cambio di passo indubbiamente può rinvenirsi nella sempre maggior attenzione rivolta da un numero crescente di Regioni alla necessità di fornire alle rispettive strutture sanitarie indicazioni circa le attività, le procedure e i tempi da seguire per l’assistenza sanitaria per il suicidio medicalmente assistito (SMA). Ciò è avvenuto, soprattutto, a seguito dell’iniziativa assunta dall’Associazione Luca Coscioni, che, dopo aver predisposto un testo standardizzato di proposta di legge, volta a regolare procedure e tempi per l'assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale [ref]Cfr. la proposta di legge "Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito".[/ref], nelle diverse regioni ha promosso una campagna di raccolta firme, affinché lo stesso potesse essere sottoposto al vaglio dei Consigli regionali come proposta di legge regionale di iniziativa popolare.
Tra le diverse Regioni coinvolte vi sono state anche il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia, i cui Consigli regionali, nell’ambito dell’esame dei progetti di legge presentati, hanno richiesto un parere all’Avvocatura Generale dello Stato in merito ai possibili profili problematici che l’approvazione degli sessi potrebbe avere in relazione alla ripartizione di competenze legislative tra lo Stato e le Regioni, stante il dettato dell’art. 117 Cost.
Il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato
Nel proprio parere l’Avvocatura Generale dello Stato ha concluso che la normazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali nel caso in oggetto debba ricondursi alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, come previsto dall’art. 117, 2 comma, lett. l), Cost. (ordinamento civile e penale), data l’incidenza che la disciplina del SMA ha sulla sfera di applicazione dell’art. 580 c.p.
Ad essere richiamato è stato anche l’art. 117, 2 comma, lett. m), Cost. (determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale) stante il tecnicismo - ad esempio riguardo alla nozione di trattamenti di sostegno vitale - che è stato ritenuto essere proprio dei criteri posti dalla sentenza n. 242 del 2019 della Corte costituzionale, i quali, in quanto tali, non sarebbero suscettibili di interpretazioni univoche.
Ad ogni buon conto l’Avvocatura ha preso atto dell’inerenza dei progetti di legge sottoposti al vaglio dei Consigli regionali a una molteplicità di materie, alcune delle quali rientranti nella competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni, come la tutela della salute, senza tuttavia sconfessare la propria posizione, dato il richiamo della sentenza Corte cost.18 gennaio 2018, n. 5 [ref]Cfr. sentenza Corte cost. 18 gennaio 2018, n. 5.[/ref], con cui la Corte costituzionale precisò la necessità che il diritto della persona di accedere efficacemente alle cure debba “essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto il paese, attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale e internazionale” [ref]Cfr. G. Razzano, Le proposte di leggi regionali sull’aiuto al suicidio, i rilievi dell’Avvocatura Generale dello Stato, le forzature del Tribunale di Trieste e della commissione nominata dall’azienda sanitaria, in Consulta Online, n. 1/2024, 12 gennaio 2024.[/ref].
Le delibere della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna sull'aiuto al suicidio assistito
Fermo restando quanto sopra riportato, non tutte le Regioni hanno seguito esclusivamente la via legislativa. Dopo la Puglia - che già nel 2023 con delibera della Giunta regionale si era limitata a confermare la competenza del Comitato Etico del Policlinico di Bari a esprimere i pareri richiesti dalla sentenza della Consulta - anche la Regione Emilia-Romagna ha optato per l’adozione di atti di natura amministrativa: dato il rischio di mancata approvazione della proposta di legge regionale attualmente al vaglio del Consiglio regionale, come è avvenuto in altre Regioni, la Giunta regionale con la deliberazione del 5 febbraio 2024, n. 194 [ref] Cfr. Regione Emilia-Romagna, Delibera della Giunta regionale 5 febbraio 2024, n. 194.[/ref] ha istituito con valenza unica regionale il Comitato Regionale per l’etica nella Clinica (COREC), a cui, al § 2, sono state attribuite varie funzioni, tra cui quella di “fornire pareri relativi a richieste sul fine vita, per gli aspetti che esulano da quelli normati dalla Legge n. 219/2017”. In particolare, con ciò si è voluto dare estensione all’esperienza positiva maturata dal Comitato per l’etica nella clinica (CEC) istituito dall’Azienda USL - IRCCS di Reggio Emilia.
Il successivo 9 febbraio con determina del Direttore generale cura della persona, salute e welfare n. 2596 del 2024 è stata introdotta la disciplina relativa alle “Istruzioni tecnico-operative per la verifica dei requisiti previsti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 e delle modalità per la sua applicazione”.
Sono state così definite le modalità e i tempi per la verifica dei presupposti e l’esecuzione del SMA.
In sintesi:
- la richiesta di SMA, unitamente a tutta la modulistica per la valutazione del caso, deve essere presentata alla Direzione sanitaria dell’Azienda del Servizio Sanitario Regionale di residenza/domicilio sanitario o ricovero;
- particolare attenzione è stata rivolta alla documentazione della manifestazione della volontà dell’interessato, stabilendo che essa debba avvenire per iscritto e/o attraverso videoregistrazioni o con dispositivi che consentano alle persone con disabilità di comunicare, specificando che la volontà così espressa e documentata può essere revocata in qualsiasi momento;
- entro 3 giorni dalla ricezione la Direzione sanitaria deve trasmettere la richiesta alla Commissione di valutazione di Area Vasta, la quale dovrà valutare la legittimità della richiesta alla luce del dettato della sentenza n. 242 del 2019 della Corte costituzionale, effettuando, di norma, una visita del paziente;
- al termine dell’istruttoria, che deve concludersi nel termine di venti giorni, la Commissione deve inviare una relazione al COREC, affinché quest’ultimo esprima il parere sopra menzionato entro sette giorni, di cui la Commissione dovrà tener conto nella redazione della dettagliata relazione conclusiva, che dovrà essere entro cinque giorni inviata al paziente, al Direttore sanitario dell’Azienda sanitaria territoriale di competenza e al Direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera in cui eventualmente il paziente sia ricoverato.
Nel caso in cui, al termine della procedura appena richiamata, la richiesta sia accolta, la relazione deve indicare con precisione la tipologia di farmaci, le dosi, le modalità di somministrazione ed eventuali altri presidi in base alle condizioni cliniche del paziente. Sarà poi compito della Direzione sanitaria dell’Azienda dove la procedura deve essere svolta l’attuazione della decisione della Commissione, attraverso l’individuazione di personale idoneo, individuato su base volontaria, nonché il rispetto dei tempi e delle modalità stabilite, posto che la procedura deve essere effettuata entro sette giorni, assicurando la gratuità della stessa.
L’impianto normativo appena esposto è stato ribadito con la successiva deliberazione della Giunta regionale del 26 febbraio 2024, n. 333 [ref]Cfr. Regione Emilia-Romagna, Delibera della Giunta regionale 26 febbraio 2024, n. 333.[/ref]: con essa è stata confermata la deliberazione n. 194 del 2024, di cui è stata integrata la motivazione, date le perplessità sorte fin da subito sulla legittimità della stessa e ancora adesso sussistenti, dati i ricorsi presentati al Tar Emilia-Romagna da ultimo dal Ministero della Salute e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Questioni problematiche in attesa di definizione
A seguito del complesso assetto che il rapporto Stato-Regioni sta assumendo su un tema delicato come quello del “fine vita”, inerente a diritti fondamentali costituzionalmente tutelati, numerose sono le questioni problematiche che sembrano restare aperte.
Innanzitutto ci si domanda se la sentenza n. 242 del 2019 possa ritenersi una fonte del diritto sufficientemente esaustiva, tale da consentire alle Regioni, in mancanza di un intervento legislativo a livello nazionale, di legiferare in via attuativa, posti gli interrogativi ancora esistenti sulla natura (concorrente o esclusiva dello Stato) delle competenze legislative di fronte alle quali ci si trova. Del resto si potrebbe ritenere che i criteri posti dalla Corte costituzionale appaiono comunque dotati di un certo carattere di generalità, che lascerebbe residuare in capo al legislatore statale non pochi margini di manovra nel delineare la cornice, entro cui le diverse legislazioni regionali possono muoversi. Inoltre i dubbi potrebbero essere maggiori, se si pensa alla normazione di rango secondario introdotta dalla Regione Emilia-Romagna e dall’assenza, a livello primario, di una specifica copertura legislativa in ossequio al principio di legalità che deve connotare l’azione amministrativa.
Infine, un profilo per nulla secondario attiene all’inevitabile disparità di trattamento dei pazienti presenti sul territorio nazionale nell’esercizio dei diritti fondamentali, che si avrebbe, qualora le Regioni dovessero agire in modo difforme tra loro.
Ad ogni modo innegabili sono gli effetti sul piano politico che l’iniziativa della società civile e l’attività delle Regioni sta avendo nel rivitalizzare un dibattito, che altrimenti rischia di restare sopito dato il carattere eticamente sensibile della materia [ref]Cfr. L. Busatta, Come dare forma alla sostanza? Il ruolo delle Regioni nella disciplina del suicidio medicalmente assistito, in Osservatorio AIC, n. 3/2024, 4 giugno 2024.[/ref].