Orario di lavoro nel settore sanitario: Cass. 21 luglio 2023 n 21934

Responsabilità

Orario di lavoro e riposi: profili di problematicità e interesse nei lavoratori appartenenti al settore Sanità.

Basti considerare, a questo proposito, che il settore sanitario è quello che, nell’ordinamento italiano, è stato più influenzato dai vincoli e dalla giurisprudenza comunitaria in materia, se non altro per l’esigenza di garantire l’erogazione di un servizio essenziale, quale è quello di cura dei cittadini, pur in presenza di notevoli carenze di organico.

Proprio con l’obiettivo di superare le difficoltà derivanti da simili circostanze, in un primo momento il legislatore italiano ha tentato di recuperare maggiori dosi di flessibilità oraria nel settore escludendo l’applicabilità, per estese categorie di lavoratori, di alcune tra le più rilevanti tutele dettate dal d.lgs. n. 66/2003, attuativo delle direttive europee “concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro” (cfr. ora Direttiva n. 2003/88). Dette previsioni derogatorie, tuttavia, hanno comportato l’apertura di un procedimento di infrazione da parte della Commissione Europea nei confronti dell’Italia, in esito al quale esse sono state abrogate, determinandosi così la rinnovata applicabilità, ai lavoratori interessati, delle tutele contemplate dalla normativa menzionata.

Anche nell’attuale quadro normativo, in ogni caso, rimangono diverse criticità. Tra queste, si segnala per rilevanza quella concernente l’abuso, nei confronti degli operatori del settore, dello strumento dei “turni di pronta disponibilità”, per tali intendendosi prestazioni strumentali e accessorie qualitativamente diverse dalla prestazione di lavoro «consisten[ti] nell'obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori del proprio orario di lavoro, in vista di un'eventuale prestazione lavorativa».

Sull’argomento la Corte di cassazione è nuovamente intervenuta, da ultimo, con la recente sentenza del 21 luglio 2023, n. 21934.

Il caso

Il caso di specie riguardava un autista di ambulanza al quale l’Azienda sanitaria regionale presso cui era dipendente aveva chiesto, nel tempo, di effettuare un numero di turni di pronta disponibilità mediamente pari a dieci mensili. (centoventi annui), a fronte dei sei mensili (settantadue annui) previsti dal CCNL del Comparto sanità.

Il lavoratore, dunque, conveniva in giudizio l’Azienda sanitaria affinché fosse accertata l'abusiva richiesta, da parte di quest’ultima, di svolgimento di un numero di turni di pronta disponibilità notevolmente superiore a quello di regola previsto dalla contrattazione collettiva, con conseguente condanna della parte datoriale al risarcimento del danno cagionato per usura alla propria integrità psico-fisica.

In entrambe le fasi di merito del processo, le domande del ricorrente erano state rigettate sulla base di due ordini di ragioni:

  • da un lato, i giudici di prima e seconda istanza avevano negato la sussistenza di un diritto del lavoratore a non prestare turni ulteriori rispetto a quelli stabiliti dal contratto collettivo di comparto, ben potendo essere superato il limite, solo “di regola”, previsto da quest’ultimo
  • dall’altro lato, il numero di turni richiesti nel tempo dall’Azienda sanitaria (dieci mensili, contro i sei indicati dal CCNL) era reputato “di non eccessiva entità” e di “estrema variabilità”, con ciò escludendosi la configurabilità di un diritto al risarcimento del danno, dovendosi anche tenere conto del fatto che lo stesso lavoratore non aveva mai opposto rilievi di sorta o svolto specifiche richieste alternative in corso di rapporto, nonché del fatto che egli non aveva fornito alcuna precisa allegazione in ordine al dedotto danno da usura psico-fisica.

Il lavoratore, pertanto, presentava ricorso per Cassazione e la Suprema Corte in questa occasione ha potuto ribadire, con particolare efficacia e chiarezza, alcuni importanti principi di diritto.

Decisione della Corte di cassazione

In primo luogo, in relazione all'asserita illegittimità della richiesta di prestazioni di pronta disponibilità perché avvenuta in misura abnorme rispetto alla regola fissata dalla contrattazione collettiva, i giudici di legittimità, richiamando l’ormai pacifica interpretazione giurisprudenziale data all’analoga norma fissata nell’ambito della Dirigenza medica, hanno sì confermato che la previsione del CCNL deve essere intesa come precetto di natura programmatica e non già come limite temporale invalicabile, ma con l’importante precisazione, innanzitutto, che rimane fermo il diritto del prestatore alla retribuzione per i turni eccedentari, dovendo essere corrisposta la specifica indennità retributiva indicata sempre dalla contrattazione collettiva (nel caso di specie dall’art. 7, comma 6, CCNL Comparto sanità 20 settembre 2001, integrativo del CCNL 7 aprile 1999, ratione temporis applicabile).

Nel proprio argomentare, la Corte ha poi sottolineato che il superamento del limite “normale” di turni, ovverosia quello da rispettare “di regola” secondo quanto stabilito dal contratto collettivo, se non è in sé ragione di inadempimento datoriale, lo può tuttavia diventare là dove «in concreto si determini un'interferenza tale, rispetto alla vita privata del lavoratore, da far individuare un pregiudizio al diritto al riposo». Con riferimento alla fattispecie concreta, in particolare, i giudici hanno quindi ritenuto che si fosse in presenza di un superamento al di fuori da ogni proporzione dei turni eccedentari richiesti «fino al punto di poter dire che la vita personale del lavoratore, in ragione di ciò, sia stata inevitabilmente compromessa».

Simile conclusione non poteva che ripercuotersi sull’ulteriore profilo del danno e, segnatamente, su quello della prova del pregiudizio arrecato dalla condotta datoriale illegittima.

Da questo punto di vista, la sentenza in commento si inserisce nell’ormai corposo filone giurisprudenziale secondo cui, qualora venga in gioco la sistematica violazione del diritto al riposo e dunque della personalità del lavoratore, ferma restando la possibilità di provare lo sfociare del pregiudizio subito in condizioni di patologia psicofisica, il danno è da considerarsi in re ipsa.

Nel caso di specie, secondo quanto si legge nella pronuncia, lo smodato utilizzo dei turni di pronta disponibilità da parte dell’Azienda sanitaria aveva realizzato «un condizionamento illecito della vita personale» e dunque un «danno alla personalità morale» del lavoratore, per avere quest’ultimo «perduto il riposo ed essersi in tal modo realizzata un'interferenza illecita nella sfera giuridica inviolabile altrui (Cost., art. 2) munita […] di specifico riconoscimento costituzionale (artt. 35, comma 1, e nei principi sottesi alla Cost., art. 36, comma 2 e 3), oltre che di riconoscimento in fonti Eurounitarie (direttiva 2003/88/CE) ed internazionali (Convenzioni OIL sull'orario di lavoro, a partire dalla n. 1 del 2019, resa esecutiva dal R.D.L. n. 1429 del 1923)»; detta lesione, riguardando “beni personalissimi”, doveva pertanto ritenersi quale perdita risarcibile “in quanto tale”, potendo anzi «risultare fuorviante pretendere necessariamente l'esistenza di perdite-conseguenza diverse». L'esistenza di ulteriori danni-conseguenza (come quello alla salute), infatti, «certamente comporterebbe specifici risarcimenti ad essi riconnessi […] ma il ristoro prescinde da essi e deriva già dal pregiudizio alla vita personale considerato come tale».

Infine, merita di essere evidenziata un’ultima puntualizzazione formulata dalla Corte a conclusione del proprio ragionamento, secondo cui non può attribuirsi alcuna importanza, al fine di escludere l’inadempimento datoriale, al fatto che il lavoratore non abbia mai mosso rilievi rispetto alle richieste di pronta disponibilità, dal momento che la lesione di diritti personalissimi ed inviolabili, come quelli in gioco nel caso oggetto di trattazione, «non permette di riconoscere nel consenso del danneggiato un fattore esimente», spettando al datore di lavoro, invece, l’obbligo di organizzarsi, anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 2087 c.c., così da non dover ricorrere all’impegno di lavoro del dipendente con modalità tali da lederne la salute e la personalità morale.

Conclusioni

La sentenza proseguendo lungo una direzione tracciata da più risalenti pronunce, rivela l’attenzione della Suprema Corte a che i lavoratori del settore della Sanità possano fare affidamento su una tutela sempre più effettiva in materia di orario di lavoro e di diritto al riposo; attenzione che si è manifestata, in questa occasione, attraverso la riaffermazione di due importanti principi:

  • un utilizzo abnorme, e dunque abusivo, dei turni di pronta disponibilità, rispetto ai limiti programmatici previsti dalla contrattazione collettiva, è idoneo a cagionare un danno da usura psicofisica ai lavoratori che sono chiamati a rispettare tali turni
  • al fine di ottenere il ristoro del pregiudizio subito, i lavoratori interessati sono sollevati da oneri di specifica prova e allegazione, posto che esso, traducendosi in una la lesione di un diritto fondamentale e inviolabile qual è la libertà da interferenze illecite nella propria vita privata, deve considerarsi in re ipsa.