L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha promosso la stesura e la negoziazione di un innovativo trattato sulla prevenzione, preparazione e risposta alle pandemie. Il 30 ottobre 2023 è stato presentato un progetto di articoli, che costituirà la base dei negoziati successivi.
Tra i differenti profili di interesse della proposta di accordo, particolare rilievo riveste il rafforzamento dei meccanismi esistenti di prevenzione delle crisi sanitarie, rivelatisi insufficienti a impedire il dilagare del COVID-19.
In effetti, nell’istituire un sistema globale di sorveglianza e reazione rispetto alla diffusione internazionale di malattie, l’attuale testo normativo di riferimento (il Regolamento Sanitario Internazionale, adottato nel 2005 dall’Assemblea Mondiale della Sanità, organo deliberativo dell’OMS) si basa innanzitutto sull’assunto che non sia possibile prevenire l’insorgere di malattie infettive, invece potendosene (e dovendosene) impedire la diffusione al di là dei confini nazionali.
Proprio per questo, i vigenti meccanismi internazionali di gestione del rischio epidemiologico si incentrano, tra gli altri aspetti, sull’obbligo degli Stati di rilevare e comunicare l’insorgenza, nel loro territorio, di eventi straordinari che potrebbero costituire una minaccia per la sanità pubblica globale e richiedere così una risposta sanitaria coordinata a livello internazionale (così, v. gli artt. 5-7 del Regolamento Sanitario Internazionale).
Questa concezione dei fenomeni epidemici quali acts of God (ovverosia, eventi naturali completamente al di fuori della sfera di controllo degli esseri umani) determina pertanto l’assenza, nel vigente impianto di regolazione, di obblighi statali di prevenzione anche rispetto a situazioni di rischio in cui, secondo la pertinente letteratura scientifica, l’azione umana ben potrebbe impedire l’insorgere di nuove malattie infettive.
Si fa riferimento, nello specifico, alle ipotesi di c.d. spill-over (traboccamento), nelle quali la trasmissione di un determinato agente infettivo avviene tra specie animali differenti in forza di un contatto prolungato tra gli ospiti naturali di tale patogeno, nel cui organismo questo sopravvive naturalmente senza arrecare danni significativi, e gli appartenenti a una specie differente, con particolare attenzione a quella umana, che invece potrebbero risultare pregiudicati dall’esposizione a tale agente patogeno.
Si evidenzia dunque nella pertinente letteratura che l’insorgere di tali nuove infezioni risulta strettamente legata allo sfruttamento antropico degli ecosistemi naturali, comportando l’instaurarsi un perdurante contatto con specie animali selvatiche che potrebbero “ospitare” agenti infettivi potenzialmente dannosi per l’uomo.
Approccio One Health
In questa prospettiva il progetto di accordo pandemico innova radicalmente l’impianto posto alla base dell’attuale Regolamento Sanitario Internazionale, incentivando non solo il contenimento, ma soprattutto la prevenzione di crisi sanitarie che potrebbero risultare da ipotesi di spill-over.
Si afferma innanzitutto la centralità dell'approccio One Health, con ciò intendendosi una prospettiva integrata di regolazione che, nella consapevolezza dell’interrelazione esistente tra sanità pubblica globale e tutela ecosistemica, “mobilizes multiple sectors, disciplines and communities at varying levels of society to work together to foster well-being and tackle threats to health and ecosystems, while addressing the collective need for clean water, energy and air, safe and nutritious food, taking action on climate change, and contributing to sustainable development.” (art. 1, par. 1, lett. d), della proposta di accordo).
Sulla scorta di tale mutata prospettiva, gli obblighi di vigilanza e prevenzione posti in capo agli Stati risultano conseguentemente rinforzati, richiedendosi alle Parti di condurre azioni al fine di identificare e caratterizzare, anche tramite sequenziamento genetico, gli agenti patogeni con maggiore potenziale di rischio, adottando poi le misure necessarie a gestire la conseguente minaccia (art. 4, par. 4, lett. a). Si prescrivono, inoltre, interventi diretti a regolare situazioni di perdurante contatto tra la popolazione, i relativi animali domestici e la fauna selvatica, e si richiede altresì di incentivare l’adozione di pratiche igienico-sanitarie corrette, anche in zone isolate e difficilmente raggiungibili (artt. 5, par. 3, e 4, par. 4, lett. b).
Gli obblighi di prevenzione posti in capo agli Stati si estendono anche a situazioni di rischio non riconducibili al fenomeno dello spill-over: il testo convenzionale proposto impone, ad esempio, un dovere di rafforzamento delle misure di bio-sicurezza applicabili ai laboratori biologici al fine di evitare l’accidentale rilascio di agenti patogeni nell’ambiente circostante (così, art. 4, par. 4, lett. f).
Sebbene il progetto di accordo qui descritto si segnali positivamente per l’adozione di un nuovo paradigma regolativo, il quale pare maggiormente efficace al fine di impedire l’insorgere di minacce per la sanità globale, occorre tuttavia notare come lo stesso sia ancora oggetto di visioni contrastanti.
Per limitarci ad un esempio, i Paesi emergenti lamentano una non equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati, sostenendo che “[given that the unequal development in different countries in the promotion of health and control of diseases, especially communicable diseases, is a common danger, Parties that hold more capacities and resources relevant to pandemics should bear a commensurate degree of differentiated responsibility regarding global pandemic prevention, preparedness, response and recovery” (v. uno dei testi preparatori).
A fronte di tale posizione, il progetto di accordo si limita a riconoscere la diversa libertà di intervento degli Stati contraenti per quanto concerne la prevenzione e la gestione delle crisi sanitarie. Si sancisce altresì l’operatività del principio di solidarietà, il quale, declinato con riferimento all’implementazione dell’approccio One Health, si sostanzia in un dovere di assistenza finanziaria e tecnologica rispetto agli Stati in via di sviluppo.
Come prevedibile, tali disposizioni sono state ritenute insufficienti dai Paesi emergenti. Il processo di negoziazione, dunque, continua, e probabilmente investirà anche il contenuto degli obblighi di prevenzione sopra richiamati.