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14 apr 2025 12:32

Medicinali orfani tra “beneficio significativo” e “clinicamente superiore”: la posizione della Corte di giustizia UE

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Con la sentenza del 4 ottobre 2024 nella causa C-237/22 P la Corte di giustizia si è pronunciata sul rapporto tra le nozioni di “beneficio significativo” e “clinicamente superiore” precisando quali siano i criteri di valutazione di entrambe le nozioni e come debbano essere verificati.

La normativa europea: i medicinali “orfani” e la nozione di “beneficio significativo”

Il regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio (di seguito, il “Regolamento n. 141/2000” o il “Regolamento”) ha istituito una procedura comunitaria per l’assegnazione della qualifica di medicinali “orfani” definendone all’art. 3.1. lett. a) e b) i requisiti[ref]“Un medicinale è qualificato come medicinale orfano qualora il suo sponsor sia in grado di dimostrare: a) che esso è destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di una affezione che comporta una minaccia per la vita o la debilitazione cronica e che colpisce non più di cinque individui su diecimila nella Comunità nel momento in cui è presentata la domanda, oppure che esso è destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia nella Comunità di una affezione che comporta una minaccia per la vita, di un'affezione seriamente debilitante, o di un'affezione grave e cronica, e che è poco probabile che, in mancanza di incentivi, la commercializzazione di tale medicinale all'interno della Comunità sia tanto redditizia da giustificare l'investimento necessario; e b) che non esistono metodi soddisfacenti di diagnosi, profilassi o terapia di tale affezione autorizzati nella Comunità oppure che, se tali metodi esistono, il medicinale in questione avrà effetti benefici significativi per le persone colpite da tale affezione”.[/ref]. Nella sentenza in esame la Corte ha trattato il criterio sub lett. b), secondo cui lo sponsor deve dimostrare “che non esistono metodi soddisfacenti di diagnosi, profilassi o terapia di tale affezione autorizzati nella Comunità oppure che, se tali metodi esistono, il medicinale in questione avrà effetti benefici significativi per le persone colpite da tale affezione”.

La nozione di “beneficio significativo” è a sua volta definita dall’art. 3.2 del regolamento (CE) n. 847/2000 della Commissione (di seguito, il “Regolamento n. 847/2000”) come “un miglioramento sostanziale delle condizioni del paziente dal punto di vista clinico o dal punto di vista della cura generale”.

Infine, quale ultimo strumento interpretativo della nozione, va richiamata la comunicazione sull’applicazione degli articoli 3, 5 e 7 del Regolamento n. 141/2000 (di seguito, la “Comunicazione”) dove la Commissione ha precisato che dalla formulazione dell’art. 3.1 lett. b) del Regolamento n. 141/2000 e dalla ratio sottesa a detto regolamento emerge che i criteri appena riportati debbano dirsi “rigidi” (ossia da interpretare restrittivamente). Ad esempio, “un miglioramento sostanziale delle condizioni del paziente dal punto di vista clinico” può basarsi su:

  • “un’efficacia migliorata per l’intera popolazione colpita dall’affezione o per una particolare sottocategoria della popolazione resistente alle terapie esistenti", oppure
  • “un migliore profilo di sicurezza o una migliore tollerabilità per l’intera popolazione colpita dall’affezione o per una particolare sottocategoria”

Diversamente, “un miglioramento sostanziale delle condizioni del paziente dal punto di vista della cura generale” può basarsi su:

  • “la facilità di autosomministrazione, ad esempio la nuova terapia consente il trattamento ambulatoriale invece del ricovero ospedaliero o ha un impatto significativo in termini di praticità d’uso e di riduzione del peso della terapia", oppure
  • "un’aderenza nettamente migliore alla terapia grazie a un cambiamento della forma farmaceutica (ad esempio formulazione a rilascio modificato) a patto che siano documentate le difficoltà d’uso della forma esistente e vi siano dati a riprova dei migliori esiti clinici legati alla nuova forma”.

Deroghe all'esclusiva di mercato: la nozione di “clinicamente superiore” dei medicinali

Al fine di incentivarne la ricerca, lo sviluppo e l'immissione in commercio, l’art. 8.1 del Regolamento n. 141/2000[ref]“Dopo avere concesso un'autorizzazione comunitaria all'immissione in commercio di un medicinale orfano in virtù del regolamento (CEE) n. 2309/93, o dopo che tutti gli Stati membri hanno concesso un'autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale orfano secondo le procedure di reciproco riconoscimento di cui agli articoli 7 e 7 bis della direttiva 65/65/CEE o all'articolo 9, paragrafo 4, della direttiva 75/319/CEE del Consiglio, del 20 maggio 1975, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative ai medicinali(7), e fatte salve le disposizioni del diritto di proprietà intellettuale o ogni altra disposizione del diritto comunitario, la Comunità e gli Stati membri non accettano altre domande di autorizzazione, non concedono altre autorizzazioni all'immissione in commercio, né accettano richieste relative all'estensione di autorizzazioni all'immissione in commercio, esistenti per medicinali analoghi, con le stesse indicazioni terapeutiche per un periodo di dieci anni”.[/ref] prevede una peculiare esclusiva di mercato per gli sponsor dei medicinali orfani[ref]Ai sensi dell’art. 2.1, lett. c del Regolamento per “sponsor” si intende “una persona fisica o giuridica, stabilita nella Comunità, che richieda oppure abbia ottenuto la qualifica di medicinale orfano per un determinato medicinale”.[/ref]. In particolare, dopo la concessione di un’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (di seguito, “AIC”) per un medicinale designato come “orfano” l’Unione e gli Stati membri non possono accettare altre domande di AIC né concedere AIC per medicinali analoghi per un periodo di dieci anni: l’esclusiva garantisce quindi allo sponsor un monopolio temporaneo per permettergli di recuperare (almeno in parte) gli investimenti per la ricerca e lo sviluppo del farmaco autorizzato.

Tuttavia, l’art. 8.3 del Regolamento indica tre deroghe alla predetta esclusiva[ref]“In deroga al paragrafo 1 e fatte salve la normativa in materia di proprietà intellettuale e le pertinenti disposizioni del diritto comunitario, può essere concessa un'autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale simile con le stesse indicazioni terapeutiche qualora: a) il titolare dell'autorizzazione per il medicinale orfano originale abbia dato il proprio consenso al secondo richiedente, oppure b) il titolare dell'autorizzazione per il medicinale orfano originale non sia in grado di fornire una quantità sufficiente del medicinale in questione, oppure c) il secondo richiedente dimostri nella sua domanda che il secondo medicinale, benché simile al medicinale orfano già autorizzato, è più sicuro, più efficace o comunque clinicamente superiore”.[/ref]; tra queste figura l’ipotesi in cui “il secondo richiedente dimostri nella sua domanda che il secondo medicinale, benché simile al medicinale orfano già autorizzato, è più sicuro, più efficace o comunque clinicamente superiore”.

La nozione di medicinale “clinicamente superiore” è a sua volta definita nel Regolamento n. 847/2000 come “un medicinale che apporta un significativo beneficio terapeutico o diagnostico rispetto ad un medicinale orfano autorizzato” in termini – per quanto interessa nel caso in esame – di “maggiore sicurezza per una frazione considerevole della o delle popolazioni target […]”.

La controversia tra Mylan e VVB sui medicinali orfani

Nel 1999 la Novartis Pharmaceuticals UK (di seguito, “Novartis”) otteneva un’autorizzazione all’immissione in commercio (di seguito, “AIC”) per il Tobi, un medicinale indicato per il trattamento dell’infezione polmonare dovuta al batterio Pseudomonas aeruginosa nei pazienti affetti da fibrosi cistica. Nel 2003, la Chiron Corporation Ltd (di seguito, “Chiron”) otteneva in applicazione del Regolamento n. 141/2000 la designazione di “medicinale orfano” per il Tobramycin, anch’esso destinato al trattamento della medesima affezione. Per ottenere detta designazione, Chiron dimostrava che il Tobramycin procurava un beneficio significativo ai pazienti rispetto alle terapie esistenti – compreso il Tobi – in termini di riduzione del tempo di somministrazione del medicinale e possibilità di essere somministrato con un sistema portatile.

Nel 2006 la designazione di medicinale orfano del Tobramycin veniva trasferita alla Novartis che, sulla base di tale designazione, nel 2011 otteneva l’AIC del medicinale con il nome “Tobi Podhaler”. In quanto medicinale orfano, il Tobi Podhaler accedeva all’esclusiva di mercato decennale prevista dall’art. 8.1 del Regolamento n. 141/2000 (nel caso di specie dal 25 luglio 2013 al 25 luglio 2023).

Nel 2014 la VVB UAB (di seguito, “VVB”) presentava una domanda di AIC per il Tobramycin VVB. Dato che il medicinale era concorrente e simile al Tobi Podhaler, VVB chiedeva una deroga all’esclusiva di mercato di cui beneficiava il Tobi Podhaler ai sensi dell’art. 8.3, lett. c) del predetto Regolamento sostenendone la “superiore clinica” in ragione di una maggiore sicurezza per una frazione della popolazione target.

A fronte di tale richiesta, nel 2016 il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) emetteva un parere positivo confermando la “superiorità clinica” sostenuta da VVB. La Commissione, sulla base di detto parere, constatava l’integrazione della deroga richiesta all’esclusiva di mercato di Novartis e concedeva l’AIC per il Tobramycin VVB.

Nel 2016 Novartis – sostituita da Mylan IRE Healthcare Ltd (di seguito, “Mylan”) a seguito della cessione a quest’ultima dell’AIC sul Tobi Podhaler – proponeva ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione su due motivi relativi alla violazione (i) dell’art. 8.1 e 8.3 del Regolamento n. 141/2000 e (ii) del dovere di diligenza e imparzialità della Commissione rispetto al parere dell’EMA. Il Tribunale dell’UE, tuttavia, nel 2022 respingeva in toto il ricorso di Mylan.

Ricorso di Mylan alla Corte di Giustizia UE: la "superiorità clinica" in discussione

Mylan proponeva quindi ricorso avanti alla Corte di giustizia dell’UE con due motivi di impugnazione. Con il primo motivo – l’unico che verrà di seguito analizzato – Mylan deduceva un errore di diritto nell’interpretazione della nozione di “clinicamente superiore” ex art. 8.3 lett. c) del Regolamento n. 141/2000. In particolare, per quanto qui interessa, la ricorrente sosteneva che:

  • il Tribunale, da un lato, avrebbe constatato che le nozioni di “beneficio significativo” e “clinicamente superiore” si basavano sui medesimi criteri, non cumulativi e da valutarsi sulla base di una valutazione globale del rapporto rischi/benefici ma, dall’altro, avrebbe dichiarato che la nozione di “clinicamente superiore” doveva essere valutata individualmente, senza stabilire un bilancio complessivo rischi/benefici;
  • sarebbe contrario all’obbiettivo di tutelare l’interesse dei pazienti considerare un medicinale (il Tobramycin VVB) clinicamente superiore a un medicinale orfano (il Tobi Podhaler) quando sarebbe soltanto un medicinale generico (del Tobi) rispetto al quale è stato dimostrato che il medicinale orfano (il Tobi Podhaler) procurava un beneficio significativo[ref]Ai sensi dell’art. 10.2, lett. b) della Direttiva 2001/83/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, per medicinale generico si intende “un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità […]”.[/ref].

La CGUE chiarisce le differenze: "beneficio significativo" vs "clinicamente superiore"

In primo luogo, la Corte afferma che il Tribunale aveva correttamente individuato le differenze tra le due nozioni di “beneficio significativo” e “clinicamente superiore” che ne impediscono l’intercambiabilità. In particolare, le due nozioni differiscono per oggetto e ambito di applicazione:

  • il “beneficio significativo” è condizione per la designazione di un medicinale come “orfano”;
  • “clinicamente superiore” è invece una condizione che permette di derogare all’esclusiva di mercato di cui beneficia un medicinale orfano.

Va poi sottolineato come la Corte validi espressamente – e in termini generali – l’affermazione del Tribunale per cui, nonostante le differenze sopra ricordate, entrambe le nozioni si basano sugli stessi criteri (efficacia, sicurezza, tollerabilità, contributo alla diagnosi o alla cura) da ritenersi tra loro non cumulativi.

Tuttavia, a differenza dell’omogeneità dei criteri da utilizzare per la valutazione delle due nozioni e della loro qualifica come “alternativi” in entrambi i casi, dalla decisione della Corte emerge che la modalità di valutazione di detti criteri – ossia se questi debbano essere valutati globalmente o individualmente – sia rimessa ogni volta alla specificità del caso e, in particolare, a quanto rivendicato dal richiedente.

In particolare, la Corte afferma che il “beneficio significativo” del Tobi Podhaler rispetto al Tobi è stata effettuata globalmente “poiché il beneficio significativo nella fattispecie in esame era [stato] rivendicato sulla base di un sensibile contributo alla cura del paziente per l’intera popolazione target […] In tali condizioni era necessario procedere a una siffatta valutazione globale”. Diversamente, “la superiorità clinica del Tobramycin VVB rispetto al Tobi Podhaler doveva essere stabilita solo con riferimento a una migliore sicurezza per il sottoinsieme della popolazione interessato” (quindi, individualmente) in quanto “invocato nel caso di specie […] per una frazione considerevole della o delle popolazioni target”.

Segue: l’interpretazione della nozione di “clinicamente superiore” orientata dalla ratio del Regolamento

In secondo luogo, la Corte ha rigettato l’argomento di Mylan per cui – in breve – un farmaco generico (il Tobramycin VVB) non potrebbe dirsi ex ante “clinicamente superiore” a un medicinale orfano (il Tobi Podhaler) quando è stato già dimostrato che quest’ultimo apporta un “beneficio significativo” rispetto al medicinale di riferimento (il Tobi): una siffatta interpretazione, secondo la ricorrente, sarebbe contraria sia all’obbiettivo di tutelare l’interesse dei pazienti che a quello di creare incentivi agli investimenti nella ricerca e nello sviluppo di medicinali orfani.

Ebbene, su questo secondo punto la Corte riprende e, invero, giustifica da un punto di vista razionale quanto analizzato nel paragrafo precedente: è solo ammettendo una valutazione degli (uguali) criteri di “beneficio significativo” e “clinicamente superiore” anche a livello individuale che si garantiscono entrambi i predetti obiettivi del Regolamento.

Infatti, da un lato, è certamente nell’interesse dei pazienti avere una (o più) opzioni terapeutiche alternative che siano clinicamente superiori anche solo per una sottocategoria di pazienti: è questa la ragione sottesa alle deroghe all’esclusiva di mercato prevista per il medicinale orfano. Dall’altro è la stessa deroga all’esclusiva che incentiva ulteriori attività di ricerca e sviluppo di medicinali che, seppur solo per una sottocategoria di pazienti, possano dirsi clinicamente superiori al medicinale orfano che gode dell’esclusiva.

In breve, proprio la necessità di garantire gli interessi e gli obiettivi del Regolamento impone una valutazione dei criteri per accertare le nozioni di “beneficio significativo” e “clinicamente superiore” da un punto di vista individuale e non necessariamente globale.

Sentenza CGUE: i principi ricavabili dalla sentenza

Con la sentenza in esame la Corte ha fissato alcuni punti fermi di interesse nell’ambito dei medicinali orfani che potrebbero riassumersi come segue:

  • le nozioni di “beneficio significativo” e “clinicamente superiore”, pur differendo per oggetto e ambito di applicazione, vanno valutati sulla base dei medesimi criteri (efficacia, sicurezza, tollerabilità, contributo alla diagnosi o alla cura) tra loro non cumulativi;
  • la necessità di tutelare l’interesse dei pazienti e incentivare gli investimenti in ricerca e sviluppo di medicinali orfani implica che la valutazione delle nozioni di “beneficio significativo” e di “clinicamente superiore” possa avvenire anche individualmente, ossia con riferimento a una sola parte o sottocategoria dei pazienti, e non necessariamente per tutta la popolazione target.