Il diritto penale nel settore farmaceutico

Farmaceutica

Il settore farmaceutico solleva varie questioni di rilevanza penalistica: contraffazione dei farmaci, responsabilità per la distribuzione di medicinali pericolosi, reato di comparaggio.

Il mercato dei farmaci può essere considerato tra i più redditizi a livello globale, raggiungendo un valore pari secondo le stime a 1,5 trilioni di dollari nel 2023 (IQVIA, The global use of medicine in 2019 and outlook 2023, 29 gennaio 2019).

Altrettanto redditizio è tuttavia anche il mercato dei farmaci illegali, a cui l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) attribuisce un valore che supera i 200 miliardi annui (OCSE, Illicit trade. Converging criminal network, 2016). Se l’impatto economico e la gravità della falsificazione dei prodotti farmaceutici non possono essere pertanto contestati, uno degli aspetti più significativi del fenomeno è anche il suo carattere transnazionale, originando sovente negli Stati tecnologicamente più avanzati e culminando negli ordinamenti che prevedono normative meno stringenti, la cui attività repressiva si rivela scarsamente efficace, ovvero nei paesi dove maggiori si rivelano le possibilità di guadagno.

Più nel dettaglio, mentre rispetto ai farmaci c.d. life savings (antitumorali, vaccini, anti-HIV ecc.), il mercato di destinazione è costituito prevalentemente dai paesi in via di sviluppo, per i farmaci c.d. life style (prodotti dimagranti, anabolizzanti, prodotti per la disfunzione erettile ecc.), o i prodotti per cui  vige una regolamentazione meno rigorosa (integratori alimentari, prodotti omeopatici ecc.), la falsificazione può dirsi diffusa anche negli Stati industrializzati. Sotto quest’ultimo profilo, occorre sottolineare come, secondo la Corte di Cassazione, nella nozione di medicinali quale oggetto materiale dei reati contro la salute pubblica rientrano anche i preparati omeopatici (Cass. pen., sez. I, 5 agosto 2019, n. 35627).

Alla luce della vastità e della portata sovranazionale del fenomeno, da tempo si avverte la necessità di implementare strumenti di cooperazione preventiva e repressiva su scala globale. Già in occasione della Conference of Experts on the Rational Use of Drugs della World Health Organization, tenutasi a Nairobi nel 1985, venne segnalata l’opportunità di adottare un progetto internazionale per combattere la contraffazione dei farmaci. Fu però con la Convenzione del Consiglio d’Europa "sulla contraffazione dei prodotti sanitari e reati affini che costituiscono una minaccia per la salute pubblica", siglata a Mosca il 28 ottobre 2011 (c.d. Convenzione Medicrime, non ancora ratificata però dall’Italia), che si realizzò il passo più significativo in direzione di una strategia condivisa per il contrasto della criminalità farmaceutica, quest’ultimo accordo rappresentando il primo strumento di prevenzione e collaborazione a livello internazionale.

Restringendo ora l’attenzione al versante eurounitario, da segnalare è la direttiva UE/2011/62 che, nel modificare la precedente direttiva CE/2001/83 "recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano", ha introdotto un’esplicita definizione di medicinale falsificato. Ai sensi della nuova normativa, falsificato può infatti ritenersi "qualsiasi medicinale che comporti una falsa rappresentazione circa: a) la sua identità, compresi l’imballaggio e l’eti­chettatura, la denominazione o la composi­zione, in relazione a uno qualsiasi dei compo­nenti, compresi gli eccipienti, e il relativo do­saggio; b)  la sua origine, compresi il fabbricante, il paese di fabbricazione, il paese di origine e il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commer­cio; c)  la sua storia, compresi i registri e i documenti relativi ai canali di distribuzione utilizzati" (art. 1, n. 1, lett. c).

Con riferimento invece alla disciplina penalistica italiana concernente il settore farmaceutico, le fattispecie di maggiore rilevanza per la tutela della salute collettiva si rinvengono negli artt. 440, comma 3, 442, 443 e 445 c.p. Più precisamente, mentre gli artt. 440, comma 3, e 442 c.p. incriminano, con una pena più elevata, l’adulterazione e la contraffazione di sostanze medicinali –  cioè il produttore di farmaci illegali – ovvero colui che detiene per il commercio o pone in commercio sostanze medicinali adulterate o contraffatte – cioè il distributore –, gli artt. 443 e 445 c.p. puniscono la somministrazione di medicinali rispettivamente «guasti o imperfetti» ovvero "in specie, qualità o quantità non corrispondente alle ordinazioni mediche oppure diversa da quella dichiarata o pattuita".

Nell’ambito della disciplina appena riportata, se rilevanti problemi non sorgono rispetto alla responsabilità dolosa, particolare attenzione – onde evitare rimproveri di natura sostanzialmente oggettiva – reclama invece l’accertamento della colpa del distributore all’ingrosso di medicinali (che può coincidere anche con il titolare di una farmacia aperta al pubblico, come recentemente confermato da CGUE, 21 settembre 2023, C‑47/22), nonché del venditore al dettaglio (che limitatamente all’attività di deposito e consegna materiale può essere costituito pure da un commerciante non farmacista, cfr. Cass. pen., sez. VI, 22 dicembre 2022, n. 48839), allorché questi pongano involontariamente in commercio prodotti contraffatti o resi pericolosi da altri.

Neppure si trascurino, infine, ulteriori e peculiari questioni. Da un lato, merita di essere segnalato un recente intervento normativo in materia di detenzione da parte del farmacista di farmaci scaduti, ipotesi precedentemente riconducibile al delitto di cui all’art. 443 c.p., punito anche in forma colposa ai sensi dell’art. 452 c.p., ma che ora – in seguito alla l. 11 gennaio 2018, n. 3, (c.d. legge Lorenzin) – può ritenersi parzialmente depenalizzato: il nuovo terzo comma dell’art. 123 R.D. 27 luglio 1934 (Testo Unico delle leggi sanitarie) dispone che "la detenzione di medicinali scaduti, guasti o imperfetti nella farmacia è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento a tremila euro, se risulta che, per la modesta quantità di farmaci, le modalità di conservazione e l’ammontare complessivo delle riserve, si può concretamente escludere la loro destinazione al commercio".

Dall’altro lato, se ai sensi degli artt. 170 e 171 del riferito Testo unico sanitario la condotta del medico o del farmacista che "riceve, per sé o per altri, denaro o altra utilità ovvero ne accetta la promessa, allo scopo di agevolare, con prescrizioni mediche o in qualsiasi altro modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico" integra il reato c.d. di comparaggio, da notare rispetto alla figura del medico è che – secondo la Suprema Corte – non sussiste alcun rapporto di specialità con il reato di corruzione per l’esercizio della funzione di cui all’art. 318 c.p., sicché nell’ipotesi prospettata potranno trovare applicazione entrambe le fattispecie criminose (Cass. pen., sez. VI, 16 gennaio 2012, n. 1207).

Sulle problematiche ora evidenziate, come anche sulle ulteriori questioni di rilevanza penale connesse al settore farmaceutico, il Centro Studi svolge una costante attività di monitoraggio, di approfondimento e di aggiornamento.