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20 dicembre 2024

Stabilizzazione dei precari nella sanità (Cons. Stato, sez. II, 8 agosto 2024, n. 7060)

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Il caso del medico convenzionato escluso dalla stabilizzazione

La vicenda processuale in commento trae origine dal ricorso con cui parte appellante, medico chirurgo titolare di un rapporto di lavoro convenzionale con il Servizio Sanitario Nazionale, lamentava di essere stata esclusa dalla procedura di stabilizzazione del personale precario disposta dall’ASL di Latina ai sensi dell’art. 20, comma 1, d.lgs. n. 75/2017 (cosiddetto “decreto Madia”), e finalizzata ad assumere, con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, 4 dirigenti medici nella disciplina di medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza.

I contratti di lavoro flessibile ex art. 20, comma 2, del “decreto Madia”

Come noto, il “decreto Madia” contempla all’art. 20 (rubricato “Superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni”) due diverse possibilità di ingresso nella pubblica amministrazione con assunzione a tempo indeterminato e, con esse, due distinte categorie di lavoratori precari aventi diritto alla stabilizzazione.

La prima modalità, disciplinata nel comma 1, consiste nell’assunzione diretta (cioè, senza concorso) di personale che abbia acquisito una pregressa esperienza lavorativa mediante contratti di lavoro subordinato a tempo determinato; la seconda, disciplinata nel comma 2, attribuisce alle amministrazioni pubbliche la possibilità di bandire una procedura concorsuale riservata ai titolari di un contratto di lavoro flessibile, non meglio specificato dalla lettera della legge.

La mancanza dei requisiti di stabilizzazione secondo il TAR Lazio

La ricorrente, ritenendo illegittimi il bando di concorso e la delibera con cui il Direttore generale dell’ASL proponeva di procedere alla stabilizzazione degli aventi titolo, non includendo fra di essi il suo nominativo, adiva perciò il TAR Lazio per ottenerne l’annullamento.

Nel giudizio di primo grado, l’azienda resisteva al ricorso sostenendo che la ricorrente non potesse ritenersi in possesso dei requisiti prescritti per la stabilizzazione, avendo fatto valere, ai fini dell’anzianità di carriera, gli anni di servizio prestati come medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale in forza di un A.C.N. (Accordo Collettivo Nazionale), espressamente considerati non computabili in base alle regole del bando. Aderendo alle difese dell’ASL di Latina, il TAR Lazio rigettava il ricorso.

La natura precaria del rapporto come criterio di accesso alla stabilizzazione: la decisione del Consiglio di Stato 

A fronte del ricorso in appello presentato avverso la sentenza del TAR, il Consiglio di Stato accoglie la richiesta della ricorrente con la sentenza n. 7060 dell’8 agosto 2024, offrendo così l’occasione per chiarire se il rapporto dei medici in convenzione possa o meno rientrare nella categoria dei “contratti di lavoro flessibile” menzionata dall’art. 20, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 75/2017.

Secondo il Consiglio di Stato, il rapporto a tempo determinato di tipo convenzionato che ha legato l’appellante all’ASL di Latina integra un requisito utile ai fini dell’art. 20, comma 2, d.lgs. n. 75/2017, dando dunque accesso alla sua titolare alla procedura di stabilizzazione da cui era stata illegittimamente esclusa.Ciò, sul presupposto della natura precaria di detto rapporto, desumibile dalla relativa facilità con cui l’amministrazione era libera di recedervi rispetto ad un normale contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, cui si applica, viceversa, una ben più stringente disciplina limitativa dei licenziamenti.

Per questa ragione, il Collegio ha dunque giudicato illegittima sia la motivazione addotta dall’ASL a giustificazione del provvedimento di esclusione, sia la specifica clausola del bando che estrometteva dalla procedura impugnata i rapporti di lavoro di natura convenzionale, ammettendovi invece quelli instaurati mediante una collaborazione occasionale o una collaborazione coordinata e continuativa.

L'iniquità della clausola che non consente di computare gli anni di servizio come medico convenzionato con il SSN ai fini della stabilizzazione

Per il giudice d’appello una simile restrizione nel bando finisce, infatti, per introdurre un ulteriore requisito che non trova riscontro nella normativa esaminata e che, nel penalizzare una specifica categoria di lavoratori precari (i medici convenzionati, appunto), si pone altresì in contraddizione con l’obiettivo perseguito dalla legge di superare il precariato nella pubblica amministrazione. Non solo: l’iniquità della clausola contestata emerge, per il Consiglio di Stato, anche considerando che, nello svolgimento della propria attività, la parte appellante aveva in concreto garantito una prestazione lavorativa del tutto omologa (per tipologia, oggetto e qualificazione professionale), da un lato, alle prestazioni contemplate dallo stesso d.lgs. n. 75/2017 quali requisiti di esperienza utili ad ottenere la stabilizzazione e, d’altro, a quelle erogate da altri sanitari in forza dei contratti, pure aventi natura autonoma, pacificamente accettati dal bando.