9 novembre 2024

Responsabilità da prodotto difettoso: l’UE approva la riforma

Normativa

La nuova normativa europea in materia di "product liability"

Lo scorso 10 ottobre il Consiglio UE ha adottato il testo di una direttiva volta a riformare il regime di responsabilità da prodotto difettoso, che abrogherà e sostituirà la vigente direttiva 85/374/CEE. La direttiva approvata contempla innovazioni suscettibili di sortire non secondari effetti anche in ambito sanitario, con riguardo in particolare ai settori della produzione di dispositivi medici e farmaci.

Le nuove norme – oggetto di una proposta depositata dalla Commissione UE in data 28 settembre 2022, e approvata, con modifiche, dal Parlamento europeo lo scorso 12 marzo – intendono modernizzare le previsioni in materia di "product liability" al fine di adeguarle agli sviluppi tecnologici, agli intervenuti mutamenti delle catene di produzione e distribuzione dei prodotti e alle nuove forme di economia circolare.

In termini generali, la riforma non comporta un radicale stravolgimento del complessivo assetto delle norme di responsabilità da prodotto, ma interviene su vari aspetti del relativo regime, con previsioni che spaziano da agevolazioni dell’onere probatorio in capo al soggetto leso alla risarcibilità del danno consistente nella perdita di dati, sino alla possibile responsabilizzazione delle piattaforme di e-commerce e dell’operatore che, intervenendo in una fase successiva alla messa in commercio del prodotto, lo ripari o lo ricondizioni.

La responsabilità da prodotto difettoso nel settore sanitario: le principali innovazioni

Limitandoci in questa sede alle innovazioni di maggior rilievo per il settore sanitario, rileviamo, in primo luogo, che la direttiva espressamente classifica anche il software come “prodotto” ai fini dell’applicazione del relativo regime di responsabilità. La nuova norma pone, così, fine alle incertezze interpretative che avevano animato il dibattito tra chi già da tempo aderiva a tale lettura e chi, invece, in ragione della natura “immateriale” del software, propendeva per la sua qualificazione alla stregua di un “servizio”, escludendo l’applicabilità delle norme di "product liability". In materia di dispositivi medici, si completa, dunque, il percorso già avviato dal Regolamento UE 2017/745 (e, ancor prima, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia), che aveva previsto la possibilità di classificare il software come “dispositivo medico” quando specificamente destinato dal suo fabbricante a essere impiegato per una o più destinazioni d’uso mediche (diagnosi, prevenzione, monitoraggio, previsione, trattamento di malattie, ecc.).

Parallelamente, si riconosce la possibilità di considerare quali “componenti” di un prodotto – con conseguente responsabilizzazione diretta del loro “fabbricante” nei confronti del soggetto leso, in solido con il fabbricante del bene finito – non soltanto il software (ove non “standalone”), ma altresì elementi ancor più “immateriali”, quali i “servizi correlati” al prodotto. Per “servizio correlato” si intende qualsiasi servizio digitale integrato in, o connesso con, un prodotto in modo tale che la sua assenza impedirebbe al prodotto di svolgere una o più delle sue funzioni: si pensi, ad esempio, restando in campo medico, ai servizi di monitoraggio dei parametri corporei che integrano le funzionalità di numerosi dispositivi indossabili.

Responsabilità da prodotto difettoso e risarcimento del danno: le ulteriori disposizioni rilevanti

La nuova direttiva, inoltre:

  • riconosce al danneggiato, ove presenti sufficienti elementi probatori a supporto della propria domanda risarcitoria, il diritto di ottenere dal convenuto una "disclosure" dei rilevanti elementi di prova a sua disposizione. Si tratta di previsione di non secondario impatto, specialmente per un settore, come quello sanitario, caratterizzato da elevata complessità, che accentua la asimmetria informativa fisiologicamente caratterizzante gran parte dei rapporti tra produttore e danneggiato, e che talora rende particolarmente gravoso l’onere probatorio in capo a quest’ultimo;
  • contrariamente all’iniziale approccio adottato dalla proposta della Commissione, conferma la natura opzionale dell’esimente – particolarmente rilevante per un settore come quello farmaceutico – connessa al rischio di sviluppo, ossia della norma che consente di escludere la responsabilità del produttore per difetti che quest’ultimo non fosse oggettivamente nella posizione di rilevare alla luce dello stato della scienza e della tecnica al momento dell’immissione in commercio del prodotto. Gli Stati membri resteranno, dunque, liberi di decidere se, come l’Italia, recepire tale norma nelle proprie previsioni domestiche o se, invece, estendere la responsabilità del produttore anche a difetti non individuabili sulla base dello “state of the art” dell’epoca della commercializzazione del bene. L’esimente viene, tuttavia, rimodulata, escludendo l’esenzione da responsabilità del produttore per difetti che sia possibile rilevare sulla base degli sviluppi tecnici o scientifici intervenuti anche in un momento successivo all’immissione in commercio del prodotto, ove il fabbricante mantenga un proprio “controllo” sul prodotto stesso;
  • interviene anche sul dibattuto tema dei rapporti tra norme di responsabilità da prodotto e diversi regimi di responsabilità, precisando che le prime non escludono l’applicabilità, inter alia, di ogni diritto risarcitorio che il danneggiato possa vantare sulla base di altre norme di responsabilità, contrattuale come extracontrattuale, che si fondino su presupposti diversi dalla “difettosità” del prodotto. Guardando al contesto italiano, e allo specifico settore della produzione di farmaci e dispositivi medici, si conferma così – come già da tempo riconosciuto dalla nostra giurisprudenza – la concorrente invocabilità del regime di responsabilità della casa farmaceutica nella prospettiva dell’art. 2050 c.c.

I prossimi passi

Si attende ora la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione delle nuove norme, che dovranno essere recepite dagli Stati membri entro due anni dalla loro entrata in vigore – nel caso dell’Italia, intervenendo sulle previsioni di cui agli artt. 114 ss. cod. cons. – e troveranno applicazione ai prodotti che saranno commercializzati a partire da tale data (mentre a quelli immessi in commercio prima di tale data continuerà ad applicarsi il previgente regime).