29 agosto 2024

Tabella Unica Nazionale per le macrolesioni respinta dal Consiglio di Stato

Normativa

Il Consiglio di Stato respinge la bozza di Tabella Unica Nazionale per le lesioni di grave entità e ne blocca di fatto l’emanazione.

Anteprima

Con provvedimento n. 164, reso all’esito dell’Adunanza di Sezione del 13 febbraio 2024, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato sospendeva l’espressione del parere sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica, di recente adozione, avente ad oggetto il “Regolamento recante la tabella unica del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità tra dieci e cento punti, comprensivo dei coefficienti di variazione corrispondenti all’età del soggetto leso ai sensi dell’articolo 138, comma 1, lettera b), del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209”. 
L’iter di approvazione della c.d. Tabella Unica Nazionale subiva, così, un temporaneo arresto. 

L’art. 138 cod. ass. e la Tabella Unica Nazionale per le macrolesioni

Nel settore della responsabilità civile automobilistica (e, per effetto del richiamo operato dall’art. 7, quarto comma, della l. 8 marzo 2017, n. 24, in quello della responsabilità sanitaria – equiparazione, questa, quantomeno eccentrica, trattandosi di settori distanti ed eterogenei) la liquidazione del danno non patrimoniale, sottratta agli ordinari criteri degli artt. 1226 e 2056 c.c., è affidata ad un duplice ordine di disposizioni, entrambe contenute nel Codice delle assicurazioni private (di seguito, “cod. ass.”): l’art. 139, dedicato alle lesioni di lieve entità, quindi pari o inferiori ai nove punti percentuali di invalidità, calcolate secondo criteri predeterminati (peraltro al centro delle riflessioni di Corte cost. 16 ottobre 2014, n. 235, che ne ha respinto il sospetto di legittimità costituzionale con riguardo al principio di integrale riparazione del danno alla persona), e l’art. 138, il quale, recentemente riformulato dalla l. 4 agosto 2017, n. 124 e dal d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, per l’apprezzamento economico delle menomazioni all’integrità psico-fisicacomprese tra i dieci e i cento punti percentuali rinvia all’emanazione di “specifiche tabelle uniche per tutto il territorio della Repubblica” (primo comma, lett. a e b) – tuttora assenti – dettandone alcuni principi e criteri e senza trascurare l’elaborazione giurisprudenziale sulla materia. 

Nel frattempo, l’inerzia del decisore politico è stata supplita dall’intervento di una pluralità di tabelle di origine giudiziale – in particolare, le tabelle elaborate dall’Osservatorio della Giustizia Civile del Tribunale di Milano e dal Tribunale di Roma – la cui coesistenza, pur vigilata dalla giurisprudenza di legittimità, potrebbe tuttavia frapporsi ad un’auspicabile valutazione uniforme del danno alla persona (cfr. G. Ponzanelli, Il risarcimento del danno alla persona: tabelle giudiziali, controllo della corte di cassazione e principio di uguaglianza, in Contr. impresa, 2021, 1027 ss.). 

Il parere negativo del Consiglio di Stato

Dopo un’attesa durata quasi vent’anni, lo scorso 16 gennaio il Consiglio dei Ministri ha approvato una bozza di d.P.R., da sottoporre al parere obbligatorio del Consiglio di Stato, recante tabelle uniche per la determinazione del danno in caso di lesioni di grave entità

Come si evince dalla lettura della Relazione tecnico-finanziaria illustrativa, lo schema di tabella intende “ridurre notevolmente i margini di discrezionalità, nonché l’incertezza sui valori dei risarcimenti”, così aspirando a divenire, nell’ambito della valutazione delle invalidità macropermanenti, un “punto di riferimento certo” tanto per gli operatori del settore quanto per la classe dei danneggiati. 
Ad un primo esame, la bozza impiega, come dato economico di base, il valore del primo punto di invalidità previsto dall’art. 139, primo comma, lettera a), ultimo periodo, cod. ass. e si connota per un aumento del valore del punto in misura più che proporzionale per le lesioni di sempre maggiore gravità e per la presenza di un demoltiplicatore demografico per il decremento del valore economico del punto in funzione dell’età del danneggiato; tre ulteriori tabelle si occupano, invece, del calcolo (separato) della componente incrementale del danno morale

Eppure, come anticipato in apertura, tale formulazione della bozza di d.P.R. non ha trovato l’accoglimento del Consiglio di Stato, il quale ha sospeso l’espressione del parere consultivo. 

Molteplici i profili di criticità sollevati dai giudici di Palazzo Spada.
Anzitutto, sul piano procedimentale, si segnalava l’inadeguata compartecipazione del Ministero della Giustizia in termini di “qualificato e necessario apporto codecisionale” nell’attività di concertazione interministeriale; apporto che non potrebbe essere surrogato “da un mero, inarticolato, e “secco” nulla-osta”, specie se si considerano, come opportunamente rilevato dal Consiglio di Stato, le ricadute dello schema di decreto, in chiave retrospettiva, rispetto alla “complessiva coerenza […] con gli orientamenti maturati dalla giurisprudenza “consolidata” in punto di risarcimento del danno non patrimoniale e, in chiave prospettiva, [all’]impatto della regolazione sulla attività giurisdizionale e sulle modalità di liquidazione del danni”. 

Le ragioni sostanziali della decisione: tra piena tutela risarcitoria della vittima e sostenibilità economica del sistema 

Oltre a rilevare delle lacune sul piano istruttorio e documentale in ordine al parziale aggiornamento dei dati impiegati anche nella formazione dei valori economici delle tabelle, i Giudici hanno poi tratteggiato una censura di ben più ampio respiro: il bilanciamento – richiesto dall’art. 138, primo comma, cod. ass. – tra il “diritto delle vittime dei sinistri a un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subito” e la razionalizzazione dei “costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori” (vale a dire: la sostenibilità degli impatti economici sul comparto delle assicurazioni, da valorizzarsi nei soli casi di un “eventuale e dimostrato esito di squilibrio macroeconomico sulla complessiva redditività delle imprese di settore”) non poteva tradursi, a parere del Consiglio di Stato, in un “generalizzato ed ingiustificato temperamento o, perfino [nella] misurata e programmatica riduzione della tutela delle vittime”. In difetto di una documentata insostenibilità del sistema, allora, lo schema avrebbe errato nel favorire esigenze di “certezza, calcolabilità e prevedibilità” ad una tutela piena, effettiva ed adeguata, sul profilo risarcitorio, della classe dei danneggiati. 

Peraltro, l’urgenza di un contemperamento risulta ancora più palpabile nell’ambito di settori di responsabilità obbligatoriamente assicurata. Per questa via, in conclusione, le speranze di un contenimento dei costi risarcitori legati, in particolare, all’esercizio dell’attività medico-sanitaria, affidate dalla novella n. 24/2017 (anche) all’elaborazione di una tabella unica nazionale, risultano, pertanto, temporaneamente disattese.