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16 mag 2025 10:36 16 maggio 2025

Il numero (quasi) aperto a medicina: le novità della legge delega n. 26 del 14 marzo 2025

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Normativa

Il 14 marzo 2025 è stata approvata, in via definitiva alla Camera (con 149 voti a favore e 63 contrari), la legge n. 26 recante la delega al Governo per la riforma al test di accesso a medicina e chirurgia, odontoiatria e medicina veterinaria. Lo scopo è quello di rivoluzionare il sistema di accesso programmato previsto dalla legge 264/1999: il quiz d’accesso verrà sostituito dall’ammissione aperta e dalla previsione di un semestre filtro volto a selezionare gli studenti migliori, individuati sulla base di una graduatoria nazionale.

Lo schema di decreto legislativo (AG n. 236) sottoposto a parere parlamentare

Lo scorso 8 aprile è stato trasmesso, al fine dell’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, lo schema di decreto legislativo, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 28 marzo 2025, recante la disciplina delle nuove modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia, che dovrebbero essere adottate a partire dall’anno accademico 2025/2026.

Le motivazioni alla base della revisione delle modalità di accesso

Dall’analisi delle relazioni illustrative e tecnica emergono le motivazioni alla base della riforma. In particolare, l’intervento del Parlamento mira a cambiare non solo il meccanismo di selezione iniziale, ma anche il percorso formativo proposto agli studenti. Infatti, la revisione delle modalità di accesso si inserisce nel solco del potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale sotto un duplice aspetto: quantitativo, permettendo di aumentare il numero dei medici, e qualitativo, in linea con gli standard imposti dall’Unione europea. Il nuovo percorso formativo dovrebbe porsi nel rispetto dell’articolo 32 e dei principi previsti dagli articoli 3 e 34 della Costituzione, garantendo un equilibrio tra il diritto allo studio e le esigenze del SSN. La scelta di modificare il meccanismo d’accesso deriva dalle volontà di superare le criticità del test di ingresso adottato fino al 2024 che prevedeva delle domande a risposta multipla su diverse materie (scientifiche ma anche logiche-deduttive). Tale modalità di selezione avrebbe, come emerge dalla relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo, penalizzato diversi studenti e permesso di creare un mercato alternativo di preparazione al concorso, dal costo eccessivamente elevato, volto a fornire le conoscenze necessarie per superare la selezione. Inoltre, l’alta soglia di sbarramento avrebbe permesso lo sviluppo del c.d. “turismo formativo”: studenti italiani che sceglievano di iscriversi a facoltà di medicina all’estero (come Romania e Albania) dove le modalità di selezione risultavano molto più agevoli, per poi far ritorno una volta conseguito il titolo in Italia per l’esercizio della professione. Infine, i test di ingresso, come strutturati precedentemente, hanno dato corso a diversi ricorsi in via giurisdizionale causati della generalità delle domande e dell’ambiguità delle risposte. Tali criticità hanno spinto il Parlamento a ridefinire il meccanismo di selezione, cercando di fornire una risposta complessiva al sistema di accesso in ottica di una razionalizzazione dell’esercizio della professione medica.

Le novità previste

Il test di medicina verrà sostituito da un semestre “filtro” (art. 2 del citato schema di decreto legislativo), che costituisce la principale novità della riforma. Infatti, gli studenti potranno frequentare il primo semestre, strutturato con corsi comuni ai tre corsi di laurea a ciclo unico e sostenendo, al termine degli stessi, esami di profitto volti a verificare le conoscenze apprese. Viene definito semestre filtro in quanto è destinato a selezionare, sulla base del livello di approfondimento raggiunto dagli studenti, i candidati ritenuti idonei al proseguimento degli studi in medicina. La logica alla base dell’istituzione di tale semestre è quella di evitare di premiare le capacità mnemoniche dei candidati o della fruizione dei corsi privati, e di incentivare una selezione basata sull’acquisizione delle competenze. Infatti, gli ultimi dati pubblicati dall’Anagrafe Nazionale degli Studenti Universitari hanno evidenziato come il tasso di abbandono di medicina sia passato dal 2,2% al 3,5% al 2024, alla luce dell’inadeguatezza del test di ingresso di accertare la motivazione del candidato. In tal senso, dato il peculiare meccanismo, si dovrebbe distinguere tra la sola iscrizione al primo semestre del corso di laurea e l’immatricolazione al secondo semestre dei corsi di laurea magistrale.

Le modifiche introdotte dalla riforma partiranno già dal prossimo anno accademico: tuttavia, al fine di assicurare la sostenibilità dei corsi di laurea magistrale, le università potranno scegliere la modalità più opportuna di erogazione della didattica (art. 3).

L’art. 4 dello schema di decreto legislativo prevede che ciascuno studente che intende iscriversi ad un corso di laurea magistrale a ciclo unico è tenuto a iscriversi, contemporaneamente, ad un secondo corso di laurea (di area biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria) in modo da permettere l’eventuale prosecuzione degli studi in un altro corso di laurea. L’individuazione delle classi dei corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico, afferenti all’area biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria, avverrà tramite un decreto del Ministro dell’università e della ricerca. Infatti, l’ammissione al secondo semestre di un corso è subordinata al conseguimento di tutti i CFU stabiliti per gli esami di profitto del semestre filtro e alla collocazione in posizione utile nella graduatoria di merito nazionale. Nel caso in cui la collocazione in graduatoria non permetta di proseguire gli studi nel corso di laurea in medicina, lo studente potrà iscriversi, in uno dei corsi di laurea scelto al momento dell’iscrizione, previo riconoscimento di tutti i CFU acquisiti (art. 6).

Suddette modifiche non si applicano alle università non statali legalmente riconosciute. Tuttavia, nelle more dell’attuazione della legge delega viene fatta salva la procedura relativa alla determinazione del numero nazionale dei posti disponibili, così come disciplinata dall’articolo 3 della legge n. 264 del 1999, cioè su un numero programmato di posti stabilito annualmente dal Ministero, sulla base di alcuni parametri quantitativi (come i posti disponibili per l’uso delle attrezzature e nei laboratori), con un test d’ingresso selettivo a livello nazionale. Per l’anno accademico 2023/2024 sono stati messi a disposizione circa 15.000 posti per Medicina e Chirurgia, a fronte di oltre 60.000 candidati, con un rapporto di circa un ammesso ogni quattro partecipanti.

Le criticità della riforma

Al netto delle novità evidenziate, emergono diverse criticità che non sono state ancora risolte. In particolare, l’ANDU (Associazione Nazionale Docenti Universitari) ha espresso il proprio dissenso verso la riforma dell’accesso a medicina evidenziando diversi aspetti:

  • Abolizione del solo test di ingresso ma non del numero chiuso: infatti, viene abolito il solo test di ingresso ma non il numero chiuso in quanto l’accesso al secondo semestre del corso di laurea è previsto nel limite dei posti programmati a livello centrale in coerenza con il fabbisogno di professionisti del SSN;
  • Competizione dannosa e arbitrarietà delle valutazioni: si escluderebbe circa l’80% degli studenti dopo il semestre “filtro” aumentando la competizione tra gli stessi e spingendo le famiglie a sostenere ingenti spese per supportare corsi privati. Inoltre, ogni università gestirebbe in autonomia gli esami di profitto salvo poi stilare un’unica graduatoria nazionale;
  • Impreparazione delle università: l’immediata entrata in vigore della riforma, a partire dal 2025/2026, nonché la necessità di specificare alcuni punti della stessa tramite decreti ministeriali non permetterebbe alle università di adeguarsi. Anzi, vi è il rischio di un rapido sovraffollamento degli atenei pubblici senza concedere il tempo di adeguarsi anche dal punto di vista logistico. Tale scenario comprometterebbe la qualità dei servizi offerti agli studenti;
  • Incapacità della riforma di rispondere alle criticità attuali: le tre realtà associative maggiormente rappresentative dei giovani medici (ANAAO Giovani, ALS e GMI) hanno duramente criticato il provvedimento definendolo sbagliato e incapace di rispondere alla grave criticità attuale perché non aumenta gli investimenti nella formazione post-laurea, per assicurare che per ogni laureato sia disponibile un contratto di formazione specialistica o una borsa di formazione in medicina generale.

Pertanto, allo stato attuale, la riforma risultata realizzata solamente a livello teorico: infatti, per capire che cosa cambierà effettivamente per gli aspiranti medici a partire dal prossimo anno accademico restano da risolvere ancora diverse criticità.