Nel mese di agosto 2024, il Garante per la protezione dei dati personali italiano, in qualità di soggetto incaricato della vigilanza sull’applicazione delle norme in materia di oblio oncologico (legge 7 dicembre 2023, n. 193), ha pubblicato sul proprio sito internet un elenco di F.a.q. volte a fornire chiarimenti sull’applicazione della l. n. 193/2023 [ref]https://www.garanteprivacy.it/temi/sanita-e-ricerca-scientifica/oblio-oncologico[/ref].
Definizione dell’oblio oncologico
Il Garante evidenzia preliminarmente che, per “oblio oncologico” ai sensi della legge n. 193/2023, si intende il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni, né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica per l’accesso a servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi, nonché nell’ambito di procedure per l’adozione, procedure concorsuali o selettive al lavoro e alla formazione professionale.
Istanza e certificato di oblio oncologico
Per quanto concerne gli aspetti procedurali, il Garante rileva che la domanda per ottenere il certificato di oblio oncologico può essere presentata, decorsi dieci anni dalla conclusione del trattamento attivo senza episodi di recidiva, a una struttura sanitaria pubblica o privata accreditata, a un medico dipendente del Servizio sanitario nazionale specialista nella disciplina attinente alla patologia oncologica, o anche al medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta. Il termine, che decorre dal giorno dell’ultimo trattamento farmacologico antitumorale, radioterapico o chirurgico, è dimezzato nel caso in cui la malattia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età.
Il certificato di oblio oncologico, rilasciato da tali soggetti, deve contenere l’indicazione del nome, cognome, luogo e data di nascita, codice fiscale e residenza dell’interessato, senza ulteriori informazioni relative alla tipologia di patologia sofferta o ai trattamenti clinici effettuati.
Il soggetto che rilascia il certificato è il titolare del trattamento dei dati ivi contenuti, e può conservare l’istanza e il certificato per un periodo non superiore a dieci anni dalla loro presentazione o ricezione, decorsi i quali ha l’obbligo di cancellarli.
Divieto per banche o altri istituti finanziari, di investimento o assicurativi di chiedere e utilizzare informazioni relative a pregresse patologie oncologiche dei loro clienti
Per quanto concerne il contenuto del diritto all’oblio oncologico, il Garante esplica che la l. n. 193/2023 vieta a banche o altri istituti finanziari, di investimento e assicurativi, di richiedere (o altrimenti ottenere) informazioni relative allo stato di salute del contraente (persona fisica) concernenti patologie oncologiche allorquando il trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni (o cinque se la malattia è insorta in capo all’infraventunenne). Qualora tali operatori abbiano già a disposizioni le informazioni concernenti pregresse patologie oncologiche dei clienti, la l. n. 193/2023 ne vieta l’utilizzo per la determinazione delle condizioni contrattuali.
Divieto per il datore di lavoro di richiedere, sia in fase selettiva che in costanza del rapporto di lavoro, informazioni su un’eventuale pregressa patologia oncologica
La l. n. 193/2023 vieta inoltre al datore di lavoro, sia nella fase preassuntiva, sia in costanza di rapporto di lavoro, di richiedere dati concernenti patologie oncologiche da cui gli interessati siano stati precedentemente affetti e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni (o cinque nel caso di malattia insorta prima dei ventun anni).
Inoltre, come rilevato dal Garante, trovano applicazione le disposizioni in materia di protezione dei dati personali che vietano, in via generale, al datore di lavoro di acquisire (anche a mezzo di terzi) e di trattare informazioni su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore (v. art. 113 del d.lgs. n. 196/2003 che richiama l’art. 8 della l. 20 maggio 1970, n. 300 e l’art. 10 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276). In particolare, alla luce di tali norme, il datore di lavoro non può acquisire informazioni sulle specifiche patologie (attuali o pregresse) dell’interessato, né utilizzarle ai fini dell’assunzione o dello svolgimento del rapporto di lavoro. Qualora poi, nel contesto di un rapporto di lavoro, sia necessario trattare dati sanitari del lavoratore, l’unico legittimato a farlo è il medico competente, il quale non può fornire al datore di lavoro informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi del lavoratore (v. d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, spec. art. 41).
Documentazione delle assenze dal servizio effettuate dal lavoratore per motivi di salute legati alle patologie oncologiche pregresse o in atto
Quando il dipendente richiede di usufruire di permessi per assenze dal servizio per motivi di salute legati alle patologie oncologiche pregresse o in atto, o chiede il riconoscimento di benefici di legge legati a particolari condizioni di salute, il datore di lavoro è legittimato ad acquisire la documentazione relativa all’effettuazione di visite mediche, prestazioni specialistiche o accertamenti clinici. Non è però necessario che tale documentazione contenga informazioni diagnostiche, l’indicazione della specifica prestazione sanitaria effettuata o altri dettagli da cui sia ricavabile la patologia sofferta.
Inoltre, ai sensi dell’art. 2-decies del d.lgs. n. 196/2003 (Codice della privacy), il datore di lavoro non può utilizzare le informazioni contenute in tali documenti per finalità diverse da quelle in vista delle quali sono state raccolte.
Diritto all’oblio nel processo di adozione
La l. n. 193/2023 ha infine stabilito che le indagini effettuate dal Tribunale per i minorenni per selezionare, tra le coppie che hanno presentato domanda di adozione, quella maggiormente idonea ad adottare un minore, non possono riportare informazioni relative a patologie oncologiche pregresse quando siano trascorsi più di dieci anni dalla conclusione del trattamento attivo della patologia (o cinque anni nel caso di malattia insorta prima dei ventuno anni).