La Cassazione e la Bolar Clause: un delicato equilibrio tra diritti di brevetto farmaceutico e interesse pubblico
La recente sentenza n. 18372 del 5 luglio 2024, della Cassazione, ha affrontato alcuni temi di grande rilievo nel campo del diritto brevettuale farmaceutico.
Più di preciso la Cassazione, nella sentenza in esame, ha affermato che la “Bolar clause” è volta ad agevolare il tempestivo ingresso sul mercato dei farmaci generici. Tale clausola può essere applicata anche all’attività di terzi produttori che realizzano il principio attivo di un farmaco brevettato per finalità di registrazione di altri soggetti genericisti non attrezzati a produrre in proprio, ma intenzionati a entrare sul mercato alla scadenza dell'esclusiva brevettuale.
La lite è sorta da un giudizio promosso da una società farmaceutica dinanzi al Tribunale di Milano, successivamente confermato dalla Corte d’Appello di Milano. La società attrice accusava due società farmaceutiche convenute di contraffazione dei diritti esclusivi derivanti dal proprio brevetto. Il Tribunale aveva respinto la domanda riconvenzionale delle convenute volta a ottenere la declaratoria di nullità del brevetto dell’attrice accertando che le attività di produzione, commercializzazione e pubblicizzazione del principio attivo da parte delle convenute costituivano contraffazione e atto di concorrenza sleale.
La questione controversa riguardava l’interpretazione dell’art. 68, co. 1, lett. b) c.p.i. (relativo alla c.d. “Bolar clause”), che esenta dalla violazione brevettuale gli studi e le sperimentazioni dirette all’ottenimento di un’autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) di un farmaco, inclusa la preparazione e l’utilizzazione delle materie prime necessarie.
La Corte d’Appello aveva affermato che per beneficiare dell’esenzione della “Bolar clause”, il produttore del principio attivo deve:
- Agire su specifica richiesta di un soggetto genericista interessato.
- Regolamentare contrattualmente e monitorare che il genericista utilizzi il principio attivo esclusivamente per finalità consentite dalla clausola, ad esempio prevedendo penali.
In assenza di tali condizioni, le quantità del principio attivo prodotte e vendute diventano irrilevanti ai fini dell’applicazione dell’esenzione.
Le società convenute hanno presentato ricorso per cassazione, sostenendo la violazione dell’art. 68, comma 1, lett. b), c.p.i. Hanno contestato la sentenza della Corte d'Appello per aver limitato l’applicazione della “Bolar clause” ai terzi produttori solo a determinate condizioni non esplicitamente previste dalla norma.
La Cassazione, con la sentenza in parola ha avuto modo di chiarire alcuni profili inerenti al certificato complementare di protezione (CCP) e sulle deroghe introdotte dalla cd. “Bolar clause”, delineando un quadro interpretativo che bilancia il diritto di esclusiva del titolare del brevetto con l’esigenza di facilitare l'accesso al mercato dei farmaci generici. Vediamo i principali approdi della Cassazione in tema di: CCP; definizione di farmaco generico; "SPC Manufacturing Waiver"; e "Bolar Clause".
Il Certificato Complementare di Protezione (CCP)
Il certificato complementare di protezione, com’è noto, è uno strumento giuridico che estende la protezione brevettuale di un farmaco oltre la scadenza naturale del brevetto originale. La Cassazione ha evidenziato che la durata di questo prolungamento è calcolata come il periodo intercorrente tra la data di deposito della domanda di brevetto e la data della prima AIC, sottraendo cinque anni da tale periodo. Questa estensione riguarda specificamente il principio attivo rivendicato nel brevetto e presente nel medicinale autorizzato, garantendo al titolare un periodo aggiuntivo di esclusiva sul mercato.
Definizione di medicinale generico secondo la Direttiva 2004
La Corte ha inoltre chiarito la definizione di medicinale generico in conformità alla Direttiva (CE) 2004/27. Un medicinale generico è un farmaco che possiede la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la medesima forma farmaceutica del medicinale di riferimento. La bioequivalenza con il medicinale originatore deve essere dimostrata attraverso studi appropriati di biodisponibilità. Questa definizione è fondamentale per stabilire quando un farmaco possa essere considerato generico e quindi beneficiare delle relative procedure semplificate di autorizzazione.
Introduzione della deroga al CCP per la fabbricazione di farmaci generici (“SPC manufacturing waiver”)
Il Regolamento (UE) 2019/933, entrato in vigore il 1º luglio 2019, ha introdotto lo “SPC Manufacturing Waiver”. Questo strumento, osserva la Corte, mira a colmare lo svantaggio competitivo dei produttori europei di farmaci generici e biosimilari rispetto ai concorrenti di Paesi terzi, dove la protezione complementare è inferiore o inesistente. In particolare, il waiver consente ai produttori dell’UE di iniziare la produzione di versioni generiche o biosimilari di un medicinale protetto da CCP per l’esportazione verso mercati extra-UE o per la preparazione all’immissione sul mercato UE immediatamente dopo la scadenza del CCP.
Limiti al diritto di esclusiva: la “Bolar Clause”
L’articolo 68, comma 1, lettera b) del Codice della Proprietà Industriale (c.p.i.), in recepimento della direttiva (CE) 2001/83 (poi modificata dalla Direttiva 2004/27/CE), introduce la “Bolar clause”. Questa disposizione permette la sperimentazione su un farmaco coperto da brevetto altrui, se finalizzata all’ottenimento di un’AIC per la commercializzazione del farmaco generico subito dopo la scadenza del brevetto originario. Si tratta di una eccezione al diritto esclusivo del titolare del brevetto, giustificata da esigenze di interesse pubblico, che deroga alla regola della pienezza della privativa brevettuale.
Riguardo all’ambito di applicazione della “Bolar Clause”, occorre rilevare che tale eccezione copre specificamente le attività di:
- Studio e sperimentazione: vale a dire le attività di ricerca necessaria a dimostrare la bioequivalenza o la biosimilarità.
- Preparazione: ossia di produzione di lotti di farmaci per scopi regolatori.
- Utilizzo di materie prime attive: approvvigionamento e utilizzo di principi attivi per le attività sopra indicate.
Tuttavia, è chiaro che la clausola non giustifica attività di mera produzione e commercializzazione del farmaco prima della scadenza del brevetto o del CCP. Qualsiasi attività che esuli dalle finalità strettamente necessarie all’ottenimento dell’AIC, pertanto, non rientra nell’eccezione e potrebbe configurare una violazione dei diritti di brevetto.
Segnatamente, la ratio legis della “Bolar clause” si sostanzia nel facilitare l’ingresso tempestivo dei farmaci generici sul mercato, evitando un prolungamento de facto della durata della privativa brevettuale dovuto ai tempi necessari per le procedure di autorizzazione. Consentendo ai produttori di iniziare le attività preparatorie necessarie per l’AIC prima della scadenza del brevetto, si assicura che i medicinali generici possano essere disponibili ai pazienti immediatamente dopo la fine del periodo di esclusiva, favorendo così la concorrenza e l’accessibilità economica dei farmaci.
Non solo. La Cassazione ha riconosciuto che l’eccezione può estendersi anche alle attività di terzi che producono il principio attivo del farmaco brevettato per finalità di registrazione non proprie ma di altri produttori genericisti. Affinché questa interpretazione estensiva sia applicabile, è necessario però che:
- la finalità di registrazione sia chiaramente indicata negli accordi contrattuali come limite d’uso;
- le attività siano strettamente necessarie e proporzionate all’ottenimento dell’AIC;
- sia sempre garantita la tracciabilità e la trasparenza delle operazioni svolte.
Questa estensione mira a evitare che restrizioni eccessive impediscano la preparazione necessaria per l’ingresso dei farmaci generici sul mercato, mantenendo al contempo un equilibrio con i diritti del titolare del brevetto.
Conclusioni: verso una regolamentazione più equilibrata dei brevetti farmaceutici
In un contesto normativo ancora in evoluzione, oggetto di una proposta di riforma del settore farmaceutico a livello europeo, la Cassazione, attraverso la sentenza n. 18372 del 5 luglio 2024, ha fornito importanti chiarimenti sull'interpretazione del certificato complementare di protezione e sull’ambito di applicazione della “Bolar clause”. La giurisprudenza sottolinea l’importanza di una regolamentazione equilibrata che, per un verso, protegga i diritti di esclusiva dei titolari dei brevetti farmaceutici, promuovendo l’innovazione e la ricerca, ma per converso, faciliti l’accesso tempestivo dei farmaci generici al mercato, favorendo la concorrenza e l’accessibilità dei medicinali per la collettività.
In un settore delicato come quello farmaceutico, dove gli interessi economici si intrecciano con esigenze di salute pubblica, l’interpretazione armonizzata delle norme è fondamentale per garantire un sistema efficace ed equo. La “Bolar clause” e lo “SPC Manufacturing Waiver” rappresentano strumenti chiave in questo contesto, bilanciando la tutela della proprietà industriale con l’interesse generale alla disponibilità di farmaci sicuri, efficaci e accessibili.