Premessa
Con l. 4 novembre 2024, n. 169, il legislatore ha modificato l’art. 12, co. 6, l. 19 febbraio 2004, n. 40, prevedendo espressamente che, se i fatti di «surrogazione di maternità» sono commessi all’estero, «il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana». L’intervento è motivato dall’avvertita necessità di «sottoporre alla giurisdizione italiana le condotte compiute dal cittadino italiano, riferibili al delitto di surrogazione di maternità, anche se poste in essere in territorio estero» e, quindi, di «perseguire penalmente condotte commesse in un Paese estero anche quando tale Paese non qualifichi le stesse come illecite»[ref]Così la relazione del Servizio Studi del Senato sull’A.S. n. 824, XIX Legislatura.[/ref]; esso trova ragione nel fatto che l’applicazione di questa fattispecie, nelle poche vicende che la hanno riguardata, è sempre stata esclusa.
La gestazione per altri, o «maternità surrogata»
La gestazione per altri è la tecnica di procreazione medicalmente assistita (P.M.A.) nella quale la gravidanza è portata avanti da una donna per conto di un’altra persona o coppia che non può avere figli. È qui possibile distinguere fra una gestazione per altri tradizionale, ove l’ovulo fecondato appartiene alla donna che porta avanti la gravidanza e una gestazione per altri «gestazionale», nella quale un embrione contenente l’ovulo fecondato in vitro viene impiantato nell’utero della gestante. In entrambi i casi, la gravidanza è condotta e portata a termine da una estranea (madre biologica) rispetto ai soggetti che intendono instaurare formalmente il rapporto parentale (genitori d’intenzione).
Tanto distingue la gestazione per altri dalla fecondazione assistita, tecnica di P.M.A. ammessa dalla normativa italiana – ma solo alle condizioni definite dall’art. 5 l. n. 40/2004[ref]La fecondazione assistita è consentita solo alle «coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi», purché sia impossibile rimuovere le cause impeditive della procreazione, ovvero ricorra una condizione documentata di «sterilità o di infertilità» (art. 4 co. 1 l. n. 40/2004), o per le coppie portatrici di malattie genetiche trasmissibili rispondenti ai criteri di gravità ex art. 6 co. 1 lett. b) l. n. 194/1978.[/ref] – nella quale invece si dà luogo a una gravidanza in cui l’embrione è fecondato con un ovulo o uno spermatozoo (o entrambi) oggetto di donazione.
Viceversa, la gestazione per altri è espressamente vietata dalla l. n. 40/2004. Pertanto, le coppie interessate devono recarsi in un Paese ove tale pratica è legale (come il Canada o l’Ucraina). L’iter è sempre lo stesso: i genitori di elezione contattano un centro straniero; si recano all’estero, ove si procede all’estrapolazione e all’impianto del materiale genetico nella gestante; terminata la gravidanza, i genitori intenzionali ricevono il neonato. A questo punto, le coppie formano un atto di nascita, rilasciato dall’Autorità estera, nel quale sono indicati quali genitori i due cittadini italiani, secondo la legge del Paese prescelto; al rientro in Italia, l’atto di nascita è trascritto secondo le norme civili.
È su questo fenomeno che si innesta oggi il delitto ex art. 12 co. 6 l. n. 40/2004.
Il delitto di «maternità surrogata»
L’art. 12 co. 6 l. n. 40/2004 punisce «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità». Questi diversi reati sono assoggettati alla stessa, elevatissima multa prevista dal co. 7 (da seicentomila a un milione di euro), combinata alla – contenuta – reclusione da tre mesi a due anni.
La fattispecie di «surrogazione di maternità», procedibile di ufficio, sanziona «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la surrogazione di maternità». Trattasi di condotte libere, ad ampio spettro, fra loro alternative e collocate, da un punto di vista logico, su livelli di tutela diversi, secondo una ideale progressione lesiva: alla pubblicizzazione segue l’organizzazione e, infine, la realizzazione della «surrogazione di maternità».
Tutte queste condotte determinano la «surrogazione di maternità», evento tipico del reato. Sebbene questa locuzione sia chiara a livello scientifico, la sua declinazione in termini giuridici è piuttosto incerta e determina discussioni in ordine a) ai soggetti responsabili e b) alla condotta tipica e al momento in cui il reato si può dire consumato.
Sul primo punto, è preferibile la tesi di chi sostiene che la «surrogazione di maternità» sia un reato proprio del solo sanitario[ref]D. Pulitanò, Surrogazione di maternità all’estero. Problemi penalistici, in Cass. pen., 2017, 4, 1366.[/ref], anche per le particolari complessità tecniche che una simile operazione richiede; sul secondo punto, vi sono invece più dubbi. Per i primi commentatori, sarebbe sufficiente l’accordo tra i soggetti coinvolti[ref]È quanto osserva S. Canestrari, Procreazione assistita: limiti e sanzioni. Commento alla legge 19 febbraio 2004, n. 40, in Dir. pen. proc., 2004, 4, 420; concorde M. Dova, Maternità surrogata e diritto penale, in Riv. it. med. leg., 2015, 3, 931.[/ref]. Per altri, sarebbero sanzionate solo quelle pratiche – mediche[ref]T. Trinchera, Limiti spaziali all’applicazione della legge penale italiana e maternità surrogata all’estero, in Riv. it. dir. proc. pen., 2017, 4, 1399.[/ref] – che realizzano una piena dissociazione fra la madre biologica e la madre di elezione, come quando una donna produce un embrione con il proprio ovulo, per poi chiedere ad altra donna di portarlo alla nascita[ref]È la posizione di A. Vallini, La schiava di Abramo. Il giudizio di Salomone e una clinica di Kiev: contorni sociali, penali e geografici della gestazione per altri, in Dir. pen. proc., 2017, 7, 905-906.[/ref]; di conseguenza, il reato si consuma con il parto[ref]Cass., Sez. III, 28 ottobre 2020, n. 5198.[/ref] o, al limite, con la consegna del neonato ai committenti[ref]A. Spena, Una storia semplice? Surrogazioni, alterazioni, falsificazioni, in Riv. med. leg., 2015, 4, 1548-1549.[/ref].
Tutte le condotte sono strutturate in forma monosoggettiva, ma è difficile immaginare un unico autore per la «realizzazione» della maternità surrogata: del resto, il medico – che interviene in sinergia con altri professionisti – agisce su specifico mandato dei genitori di elezione, i quali forniscono il proprio materiale biologico. La questione più ricorrente sarà allora, quantomeno per la «realizzazione», una commissione concorsuale dell’illecito.
I problemi ricostruttivi qui compendiati non trovano alcuna risoluzione nella prassi: prima della riforma del 2024, la fattispecie rimaneva lettera morta. Non volendo sanzionare condotte che, all’estero, sono lecite, la giurisprudenza tendeva a sussumere la dissociazione di maternità nei delitti in materia di falso, anche perché per la legge italiana l’atto di nascita formato in questo modo è ideologicamente falso: gli artt. 231 ss. c.c., che regolano il rapporto di filiazione, indicano infatti come «madre» solo la partoriente, e come «padre» solo il soggetto legato da un legame genetico con il neonato.
La dissociazione di maternità era quindi ricondotta all’alterazione di stato nella formazione di un atto di nascita (art. 567 co. 2 c.p.)[ref]Dopo la sentenza di Corte cost., 10 novembre 2016, n. 236, l’art. 567 c.p. sanziona con la reclusione da tre a dieci anni chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità.[/ref] o alla falsa attestazione a un pubblico ufficiale sull’identità propria o altrui (495 c.p.)[ref]L’art. 495 c.p. prevede la reclusione da uno a sei anni chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona.[/ref]. Le pronunce che aderivano a questa tesi si pronunciavano peraltro per l’assoluzione degli imputati: mentre dell’alterazione di stato difettava il dolo[ref]Cfr. Cass., Sez. V, 10 marzo 2016, n. 13525, in Dir. pen. proc., 2016, 1, 1085 ss., con nota di A. Madeo, La Cassazione interviene sulla rilevanza penale della surrogazione di maternità.[/ref], le false dichiarazioni venivano escluse perché l’atto, conforme alla legge estera, non sarebbe di per sé falso.
È su questi profili che occorre valutare le ricadute della riforma del 2024 sulle condotte che realizzano una «maternità surrogata» all’estero. A tal fine, conviene dapprima rammentare a quali condizioni la legge penale italiana è applicabile fuori dai confini dello Stato.
Intermezzo: i criteri di applicabilità all’estero della legge penale italiana
L’art. 3 c.p. dispone anzitutto l’obbligatorietà delle norme penali italiane per tutti coloro che si trovano nel territorio dello Stato, secondo il principio di territorialità. Tale principio viene meglio esplicitato all’art. 6 c.p., per il quale (co. 1) è punito secondo la legge italiana chiunque commette un reato nel territorio dello Stato, per come definito all’art. 4 c.p.[ref]È territorio dello Stato il territorio della Repubblica e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato.[/ref], e (co. 2) il reato si considera commesso in Italia quando l’azione od omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione.
Il principio di territorialità trova una prima deroga nelle norme di diritto pubblico interno o di diritto internazionale (come le immunità) e una seconda deroga al co. 2 dello stesso art. 3, che prevede l’applicazione delle norme penali italiane anche a chi si trova all’estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla legge o dal diritto internazionale.
La disciplina per i reati commessi all’estero trova sede agli artt. 7 ss. c.p., ove è possibile distinguere i reati puniti incondizionatamente secondo la legge italiana da quelli puniti secondo la legge italiana, ma solo a determinate condizioni.
Secondo l’art. 7 c.p., gli illeciti ivi elencati – commessi dal cittadino italiano o straniero – sono puniti in ogni caso. Qui, a una più analitica indicazione di fattispecie relative a interessi spiccatamente statali[ref]All’art. 7 c.p. sono infatti i delitti contro la personalità dello Stato, i delitti di contraffazione e di uso del sigillo statale, i delitti di falsità in monete e i delitti dei Pubblici ufficiali commessi con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alle funzioni. Sul tema, per tutti, M. Scoletta, I limiti spaziali alla legge penale, in Il sistema penale, a cura di C.E. Paliero, Torino, 2024, 167 ss.[/ref], si accompagna una clausola di chiusura (art. 7, co. 1, n. 5 c.p.) che prevede la punibilità incondizionata di ogni reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana, secondo il principio di universalità, alla stregua del quale la legge penale nazionale deve applicarsi a chiunque[ref]F. Mantovani, G. Flora, Diritto penale. Parte generale, 202312, 860.[/ref]: ricorre così la figura del c.d. reato universale[ref]Sul tema, S. Manacorda, M. Colacurci, Il “reato universale”? Una riflessione critica sul ricorso alla extraterritorialità nel sistema penale italiano, in Arch. pen. (web), 4 novembre 2024.[/ref].
Sono invece punibili solo in presenza di determinate condizioni i delitti politici (art. 8 c.p.)[ref]Cfr. M. Pelissero, Reato politico e flessibilità delle categorie dogmatiche, Milano, 2000; D. Pulitanò, voce Delitto politico, in Dig. disc. pen., Torino, 1989, vol. III, 358 ss.; G. De Francesco, voce Reato politico, in Enc. dir., 1987, vol. XXXVIII, 897 ss.[/ref] e taluni delitti comuni, commessi all’estero dal cittadino italiano o straniero.
Ai sensi dell’art. 9 c.p., la punibilità del cittadino italiano per i delitti comuni, fra i quali rientra la «maternità surrogata», è disciplinata secondo due distinte fasce di gravità.
Al co. 1 vengono affrontati i delitti sanzionati «con l’ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni», per i quali il cittadino italiano che ha commesso il reato all’estero è punito a condizione che si trovi sul territorio italiano. Laddove sia stabilita una pena detentiva di minore durata, il co. 2 dell’art. 9 prevede che il cittadino è punito «a richiesta del Ministro della giustizia ovvero a istanza o a querela della persona offesa», salvo alcune eccezioni introdotte dalla l. 9 febbraio 2019, n. 3 (c.d. «Spazzacorrotti»). Peraltro, per la prevalente giurisprudenza di legittimità, la procedibilità per i delitti elencati al co. 2 dell’art. 9 c.p. presuppone la presenza del cittadino nel territorio dello Stato[ref]In giurisprudenza, Cass., Sez. VI, 13 gennaio 2023, n. 19335; Cass., Sez. V, 6 aprile 2016, n. 40278; in dottrina, per tutti, G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale. Parte generale, 20249, 140 ss.[/ref].
La punibilità dei delitti comuni commessi all’estero dallo straniero è invece regolamentata dall’art. 10 c.p. Per il co. 1, «lo straniero che, fuori dei casi indicati negli artt. 7 e 8 c.p., commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l’ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno», è punito secondo la legge italiana, purché lo stesso «si trovi nel territorio dello stato» e vi siano le condizioni di procedibilità già richiamate all’art. 9 c.p. (dunque, richiesta, istanza o querela). Per il co. 2, qualora si tratti di un delitto a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero o di uno straniero, l’autore del reato è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro di Giustizia, purché a) si trovi nel territorio dello Stato; b) si tratti di un delitto punito con l’ergastolo o con la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni; c) non si sia proceduto all’estradizione.
Infine, nei lavori preparatori e nella relazione introduttiva al Codice penale, il legislatore rappresentava la necessità che la punibilità del cittadino per il reato commesso all’estero – quantomeno per i delitti comuni ex artt. 9 e 10 c.p. – sia subordinata alla c.d. «doppia incriminazione», quindi ai casi in cui quello stesso comportamento assuma rilevanza penale in entrambi gli ordinamenti (italiano e straniero). Ancorché questo elemento sia oggi inserito nel solo art. 13, co. 2 c.p., in materia di estradizione, esso viene introdotto, in via interpretativa, come ulteriore presupposto applicativo degli artt. 3 ss. c.p.[ref]Cfr. G. Marinucci, E. Dolcini, G.L. Gatta, Manuale di diritto penale. Parte generale, 202413, 169 ss.[/ref].
L’intervento della legge n. 169 del 2024
Spostiamo ora l’attenzione sulla recente modifica del delitto di «maternità surrogata», motivata proprio dalla necessità di evitare l’impunità di chi realizza simili pratiche.
Ai sensi del secondo periodo dell’art. 12 co. 6 l. 40/2004, introdotto dalla l. 169/2024, «se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di maternità, sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana». È immutata la cornice edittale del reato (reclusione da sei mesi a due anni e multa da seicentomila a un milione di euro).
Prima della riforma, in applicazione dei principi generali ex artt. 3 ss. c.p., la previsione di un minimo edittale pari a sei mesi di reclusione impediva la punibilità dello straniero concorrente nel reato realizzato al di fuori del territorio dello Stato. Viceversa, i cittadini italiani potevano essere puniti per la «surrogazione di maternità» realizzata all’estero solo al ritorno in Italia, purché – dopo aver commesso una «parte significativa dell’azione» in Italia ex art. 6 co. 2 c.p. – vi fosse una formale richiesta del Ministro della Giustizia in tal senso; a questi requisiti si aggiungeva, per alcuni, la «doppia incriminazione», cioè la punibilità anche all’estero delle pratiche in esame[ref]E. Dolcini, Surrogazione di maternità all’estero: alterazione di stato ex art. 567 comma 2 c.p.? Riflessioni a margine di un volume di Flamigni e Mori, in Notizie di Politeia, 2014, 79 ss.; T. Trinchera, Profili di responsabilità penale in caso di surrogazione di maternità all’estero: tra alterazione di stato e false dichiarazioni a pubblico ufficiale su qualità personali, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 2, 435.[/ref].
Fermo che tutte le pratiche mediche di cui si tratta avvenivano nelle cliniche collocate all’estero – quindi, il reato era commesso in territorio straniero – l’unica condotta orientata alla commissione del reato astrattamente avvenuta in Italia poteva essere individuata negli accordi preparatori alla P.M.A. intercorsi tra i genitori di elezione e il centro straniero.
La Cassazione non riteneva però che tali contatti potessero costituire un’apprezzabile porzione di condotta commessa in Italia[ref]Cass., Sez. III, 28 ottobre 2020, n. 5198.[/ref] e questa interpretazione comportava, di fatto, l’inapplicabilità della «surrogazione di maternità» alle pratiche di cui si sta trattando: al rientro dei genitori in Italia (condizione di procedibilità), il reato risultava già consumato, in quanto interamente commesso all’estero; dunque, in assenza di un’apposita richiesta proveniente dal Ministero della Giustizia – mai avanzata dal 2004 al 2024 –, il delitto rimaneva improcedibile e la legge penale italiana inapplicabile.
Residuavano solo teorici spazi di applicabilità ai delitti in materia di falso ma, come si è illustrato, pure queste finestre di illiceità penale venivano, di fatto, sbarrate in via interpretativa[ref]Per l’atipicità dei delitti in materia di falso commessi all’estero v. da ultimo A. Vallini, La rana che voleva farsi bue e il reato di surrogazione di maternità che voleva farsi universale, in GenIUS. Rivista di studi giuridici sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, 20 febbraio 2024, 8 ss.[/ref].
È in questo contesto che si inserisce la riforma del 2024, con la quale si mira espressamente a punire il solo «cittadino italiano» che commetta all’estero il solo delitto di maternità surrogata.
Conseguenze attuali e prospettive future della riforma
È tempo di analizzare le conseguenze della riforma sull’applicazione dell’art. 12 co. 6 l. 40/2004.
Va subito detto che la «maternità surrogata» non è, ad oggi, un reato universale[ref]Sul punto M. Zincani, Il turismo procreativo non è reato universale, in Giur. penale (web), 2024, 10.[/ref]: la norma non replica quanto emerso in sede di dibattito parlamentare, laddove si era proposto di aggiungere un inciso che avrebbe permesso di applicare, nei confronti di chiunque – italiano o straniero –, «le pene stabilite dal presente comma (…) anche se il fatto è commesso all’estero»[ref]Cfr. d.d.l. C. 887, Varchi, sul quale si v. G. Losappio, Maternità surrogata tra condotte off shore e diritto penale off limit, in www.sistemapenale.it, 15 maggio 2023; G.L. Gatta, Surrogazione di maternità come “reato universale”? A proposito di tre proposte di legge all’esame del Parlamento, ivi, 2 maggio 2023.[/ref]. Piuttosto, viene adottato il diverso criterio della personalità attiva, in funzione del quale il delitto può essere realizzato dal solo «cittadino italiano».
In termini generali, l’intervento incide sulla punibilità del cittadino per condotte commesse all’estero, dunque su profili di stretto diritto sostanziale. La modifica è quindi riconducibile a una nuova incriminazione, sicché la sanzione per questi fatti riguarderà solo vicende successive all’entrata in vigore della l. 169/2024 (3 dicembre 2024).
Verifichiamo allora cosa accadrà quando un cittadino italiano si recherà all’estero per realizzare la surrogazione di maternità.
Partiamo dall’individuazione della condotta illecita. Il dato testuale induce a circoscrivere l’art. 12 co. 6 l. 40/2004 a quelle pratiche che, effettivamente, realizzino una dissociazione biologica della maternità, cioè all’impiego dell’ovulo della madre di intenzione per formare un embrione che viene trasferito nell’utero di altra donna[ref]A. Vallini, La rana, cit., 27.[/ref]. La consumazione del reato si correla così al buon esito delle pratiche (termine della gravidanza).
Il destinatario principale del reato è, invece, da individuare nel medico che procede a tali operazioni, prodromiche alla gravidanza, mentre i genitori biologici potrebbero rispondere come concorrenti eventuali ex art. 110 c.p., laddove – come di fatto avviene sempre – abbiano fornito un contributo per pervenire alla dissociazione di maternità.
Occorre dunque chiedersi quali soggetti potranno effettivamente rispondere del delitto in esame laddove commesso all’estero.
Muoviamo da un caso di scuola: due genitori di elezione italiani si recano in una clinica estera con staff italiano. Alla nascita, non si ravvisano preclusioni all’astratta applicazione dell’art. 12 co. 6 l. 40/2004, nei confronti di tutti i soggetti che hanno partecipato all’intervento (staff e genitori).
La questione si complica laddove alla surrogazione di maternità partecipino soggetti di diverse nazionalità.
Procediamo per ipotesi e immaginiamo anzitutto che a) lo staff medico della clinica estera sia italiano e b) i genitori di elezione provengano da un Paese la cui legislazione non vieta tali pratiche. In questo caso, non vi sono dubbi ad affermare l’astratta punibilità dei medici italiani che praticano la surrogazione di maternità all’estero, secondo il nuovo reato ex art. 12 co. 6 l. 40/2004, mentre i genitori di elezione non italiani non potranno rispondere per tale incriminazione (ovviamente, ciò non esclude la loro responsabilità per gli illeciti eventualmente previsti dall’ordinamento di appartenenza).
Tutt’altro discorso vale invece per il caso opposto, nel quale vi sono a) genitori di elezione italiani e b) medici stranieri.
Applicando il principio di personalità attiva accolto dall’art. 12 co. 6 l. 40/2004, il medico straniero non potrà essere punito perché privo della cittadinanza italiana. Resta però la punibilità dei genitori di elezione italiani che si rivolgono al medico straniero per la surrogazione di maternità: com’è noto, la non punibilità di un concorrente lascia intatto il fenomeno concorsuale, e a nulla rileva che i genitori di elezione non siano “medici”, perché quel che conta ai fini della realizzazione concorsuale di un reato proprio è un qualsiasi contributo dell’intraneo[ref]È quanto rileva S. Seminara, Accessorietà e fattispecie plurisoggettiva eventuale nel concorso di persone nel reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 2021, 2, 431-437; più in generale, sul tema, M. Pelissero, Il concorso nel reato proprio, Milano, 2004. Indicazioni in tal senso anche in giurisprudenza: cfr. Cass., Sez. VI, 21 giugno 2024, n. 36566; Cass., Sez. VI, 7 marzo 2023, n. 17198; Cass., Sez. V, 14 dicembre 2022, n. 2245.[/ref] (cioè, appunto, del “medico”, anche se straniero).
A questo punto, siccome l’art. 12 co. 6 l. 40/2004 rientra fra i reati subordinati alla doppia condizione di procedibilità ex art. 9 c.p., ci si deve chiedere se la punibilità di una «surrogazione di maternità» commessa all’estero sia subordinata alla presenza del cittadino sul territorio italiano e alla richiesta del Ministro di Giustizia. Sul punto, sebbene la l. 169/2024 sembri introdurre una deroga implicita alle condizioni ex art. 9 c.p., ragioni di equità sostanziale inducono a subordinare comunque la punibilità del delitto ex art. 12 co. 6 l. 40/2004 alla presenza dell’autore sul territorio italiano: invero, la pena detentiva essenzialmente bagatellare prevista per la «maternità surrogata» è totalmente incoerente rispetto agli altri reati che, invece, sono perseguibili secondo la legge italiana laddove commessi all’estero, purché il loro autore sia presente sul territorio italiano[ref]Sul punto v. in particolare M. Pelissero, Surrogazione di maternità: la pretesa di un diritto punitivo universale. Osservazioni sulle proposte di legge n. 2599 (Carfagna) e 306 (Meloni), Camera dei Deputati, in www.sistemapenale.it, 29 giugno 2021, 8-9.[/ref].
Immaginiamo allora che, conclusa l’operazione medica, i responsabili si presentino in Italia (o, comunque, che la prassi consenta l’avvio e la prosecuzione di procedimenti penali per questi fatti anche laddove gli autori del reato rimangano al di fuori del territorio italiano). A questo punto, il problema si sposta sulla «doppia incriminazione» del fatto come ulteriore condizione necessaria per la punibilità del reato[ref]Cfr. più approfonditamente A. di Martino, La frontiera e il diritto penale. Natura e contesto delle norme di “diritto penale transnazionale”, Torino, 2006, 120 ss.; I. Caraccioli, L’incriminazione da parte dello Stato straniero dei delitti commessi all’estero e il principio di stretta legalità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1962, 4, 973 ss.[/ref].
Come anticipato, i lavori preparatori al Codice penale individuano in questo principio un presupposto applicativo degli artt. 9 e 10 c.p., ma nella versione definitiva dell’articolato normativo esso viene circoscritto al solo art. 13 c.p. in materia di estradizione. Non sembra però potersi prescindere da tale presupposto per sanzionare la «surrogazione di maternità» realizzata all’estero dal cittadino italiano. Come puntualizzato anche dalle – pur scarse – sentenze sul punto, esso risulta pur sempre un principio immanente all’ordinamento, fondato sulla necessaria corrispondenza tra le pretese comportamentali statali – italiane e straniere – alle quali è tenuto il cittadino[ref]Più nel dettaglio, T. Trinchera, op. cit., 1413-1417.[/ref].
Immaginiamo però che, valorizzando il dato testuale e l’espressa intenzione legislativa, la futura giurisprudenza escluda la «doppia incriminazione» dai presupposti necessari per la sanzionabilità della «surrogazione di maternità» commessa all’estero[ref]Per S. Massi, Sulla “surrogazione di maternità”. Aspetti problematici del c.d. reato universale, in Dir. pen. proc., 2025, 4, 529, la neo-introdotta procedibilità incondizionata per la «surrogazione di maternità» introduce una specifica deroga alla «doppia incriminazione» e ne consente la perseguibilità anche in assenza di un simile requisito; nello stesso senso S. Manacorda, S. Colacurci, op. cit., 25.[/ref].
In questa ipotesi, rimane il fatto che la l. 169/2024 non ha modificato la cornice edittale della fattispecie. La «surrogazione di maternità» prevede tuttora una sanzione detentiva breve (da sei mesi a due anni), che rende il delitto – oltre che rientrante nelle ipotesi “a citazione diretta” innanzi al Tribunale in composizione monocratica ex art. 550 co. 2 c.p.p. – compatibile con la sospensione del procedimento con la messa alla prova, con la conversione della pena in una sanzione alternativa alla detenzione ex l. 689/1981 e con la sospensione condizionale della pena.
Detta altrimenti: la riforma non ha inciso in modo sostanziale su una fattispecie di reato che, per la sua concreta dimensione sanzionatoria, era e resta essenzialmente bagatellare e che, come tale, sarà ragionevolmente trattato.
Conclusioni
Se la l. 169/2024 apre alla punibilità dei cittadini italiani che, all’estero, realizzano una «surrogazione di maternità», l’analisi condotta sul contesto in cui si colloca la riforma e sui suoi possibili effetti lascia qualche perplessità in ordine alla sua concreta efficacia.
Anche a prescindere dalla possibile reviviscenza della «doppia incriminazione» come presupposto della punibilità di fatti commessi dal cittadino italiano all’estero, irrisolto punto cruciale della questione, è dubbio che la riforma produrrà apprezzabili effetti sull’applicazione della fattispecie nella prassi, giacché l’immutata cornice edittale dell’art. 12 co. 6 l. 40/2004 consente l’accesso a qualsiasi forma di diversion processuale e penitenziaria oggi conosciuta per i delitti procedibili di ufficio.